Venerdì 4 agosto, al Museo Civico “Pietro e Turiddo Lotti” di Ischia di Castro apre la mostra, visitabile fino al 31 dicembre 2023 “Il ritorno della biga. Carri etruschi da Castro, Vulci e Tarquinia”.

L’esposizione celebra  il ritorno, nella località da cui proviene, della celebre Biga in bronzo rinvenuta nel 1967 grazie alle ricerche condotte dal Centro Belga di Studi Etrusco-italici nella necropoli etrusca di Castro e solitamente esposta al Museo Archeologico Nazionale di Viterbo.

La tomba della biga

La tomba della Biga, che prende il nome del currus etrusco, è oggi visitabile nel Parco Archeologico Antica Castro e si sviluppa in una singolare planimetria, con dromos e vestibolo a cielo aperto dove si aprono i due ingressi che immettono nell’unica camera a cui, probabilmente, doveva essere dedicato anche un terzo ingresso appena sbozzato sulla sinistra, evidente segno di un ripensamento in corso d’opera, forse legato all’improvvisa morte del destinatario, seppellito in un sarcofago ligneo posto sulla banchina.

Nonostante le violazioni in precedenza, gli scavi hanno permesso di riconoscere la presenza di una nobile aristocratica nel suo ultimo viaggio, riccamente vestita, come ben testimoniano i sandali decorati con oro e ambra, e i gioielli tra cui spicca uno scarabeo egizio incastonato in un pendente d’oro. Il monumento era decorato anche da alcune sculture in nenfro di cui furono rinvenuti alcuni frammenti al momento della scoperta.

Presso il Museo Civico di Ischia di Castro sarà proiettato il video di quegli emozionanti momenti. Con uno dei due cerchioni appoggiati ad una delle porte d’ingresso aperte sul vestibolo, stava la biga, in posizione leggermente inclinata, al momento della scoperta. E i due cavalli che l’avevano tirata si trovavano a poca distanza, distesi sul pavimento, l’uno dietro l’altro. Non grandi di statura ma di corporatura robusta, i cavalli, avevano cinque o sei anni quando furono immolati per l’eternità al loro potente auriga.

Il sacrificio dei cavalli

Un rituale non molto comune, ma diffuso, quello del sacrificio equino sul luogo di sepoltura, a partire dalle più antiche tombe reali di Salamina (Cipro), passando per Adria e Populonia, sino ad arrivare al vicino centro egemone di Vulci.

Immersa nel fango, la biga, separata prima dalle ruote, venne estratta in un sol blocco, grazie alla camicia di gesso che andò ad inglobare tutti i suoi resti nella loro giacitura originaria, conservando così l’insieme polimaterico.

Lo scavo e i successivi restauri effettuati in laboratorio permisero la restituzione a grandezza naturale del carro, databile al 530-520 a.C. e consentirono di evidenziare anche lo splendido apparato decorativo di stile ionizzante dal quale emergono le figure di due efebi, eredi stilistici dei kouroi greci.

Altri carri in mostra

Posti sulle fiancate, come nel più famoso carro di Monteleone di Spoleto (al Metropolitan Museum di New York), essi presentano l’atteggiamento tipico dell’iconografia ellenica, con una gamba avanti, le braccia distese lungo i fianchi e i pugni chiusi da cui sporgono i pollici, lo sguardo nobile perso nell’orizzonte incorniciato da un volto austero e diritto.

Insieme alla Biga di Castro sono esposti altri due esempi importanti di carri etruschi: il calesse femminile rinvenuto a Tarquinia, negli scavi dell’Università di Torino, all’interno del Tumulo della Regina, risalente alla prima metà del VII secolo a.C. e quello proveniente dalla Tomba delle Mani d’Argento (640-630 a.C.), scavato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale insieme alla Fondazione Vulci, nella necropoli dell’Osteria a Vulci.

Da questa ricca tomba provengono anche la testiera di cavallo con i preziosi finimenti bronzei, il collare e alcuni morsi equini in ferro, che completano l’esposizione.

La mostra, fortemente voluta dal Comune di Ischia di Castro, vede il coinvolgimento della Direzione Regionale Musei del Lazio-Museo Archeologico Nazionale di Viterbo, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, della Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti di Roma, della Fondazione Vulci e della rivista Archeo.

Fonte:  Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale

Di Graziarosa Villani

Giornalista professionista, Laureata in Scienze Politiche (Indirizzo Politico-Internazionale) con una tesi in Diritto internazionale dal titolo "Successione tra Stati nei Trattati" (relatore Luigi Ferrari Bravo) con particolare riferimento alla riunificazione delle due Germanie. Ha scritto per oltre 20 anni per Il Messaggero. E' stata inoltre collaboratrice di Ansa, Il Tempo, Corriere di Civitavecchia, L'Espresso, D La Repubblica delle Donne, Liberazione, Avvenimenti. Ha diretto La Voce del Lago. Direttrice di Gente di Bracciano e dell'Ortica del Venerdì Settimanale, autrice di Laureato in Onestà (coautore Francesco Leonardis) e de La Notte delle Cinque Lune, Il processo al Conte Everso dell'Anguillara (coautore Biagio Minnucci), presidente dell'Associazione Culturale Sabate, del Comitato per la Difesa del Bacino Lacuale Bracciano-Martignano, vicepresidente del Comitato Pendolari Fl3 Lago di Bracciano.