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Vito Grittani rappresentante diplomatico dell’Abcasia: “Secondo fronte? Conseguenze potrebbero essere più serie che nel 2008”

Appoggeremo qualsiasi decisione del popolo fratello delle Repubbliche del Donbass”

Si moltiplicano gli articoli di stampa nei quali viene ventilato il cosiddetto “secondo fronte” in Est europa dove accanto al conflitto russo-ucraino che ha preso le mosse sulla contesa delle Repubbliche  Autoproclamate di Donbass e Lugansk ipotizzano la ripresa di un conflitto di marca revancista da parte della Georgia volta a riportare sotto la sovranità georgiana l’Abcasia. Al riguardo numerose sollecitazioni da parte ucraina. Una decisione non facile per la Georgia. 

Su questa ipotesi abbiamo intervistato Vito Grittani, Ambasciatore a.d. presso il Ministero degli Esteri della Repubblica di Abcasia Responsabile per l’italia.

Vito Grittani, l’Abcasia potrebbe essere investita dal cosiddetto “secondo fronte” ovvero da un conflitto che la Georgia potrebbe vedersi costretta ad aprire per indebolire la Federazione Russa, una decisione che potrebbe essere presa a seguito di un referendum. Sarebbe una nuova guerra tra le tante che hanno coinvolto lo stato abcaso?

L’Abcasia è stata al centro di numerose contese in tempi recenti. La guerra è iniziata già molto tempo prima del crollo dell’Unione Sovietica e soprattutto prima del 2008, al contrario di quanto riferiscono molti giornalisti. Quando la Georgia rientrava nell’Urss, il governo godeva dell’appoggio completo di  Iosif Stalin e  Lavrentij Pavlovič  Beria, violando i diritti fondamentali della popolazione abcasa. Nel 1931, ad esempio venne imposto il cambio di denominazione di molte città: Sukhum, che può vantare una storia di 2.500 quasi come Roma, divenne Sukhumi con la aggiunta della i secondo l’uso georgeano.  Venne inoltre imposta la chiusura delle scuole abcase, il divieto di parlare nella lingua abcasa, venne introdotto l’alfabeto georgiano. Gli abcasi inoltre non avevano accesso a posizioni principali del governo e vennero avviate anche delle deportazione. Tutto ciò ha determinato la crescita di una forte protesta da parte della popolazione abcasa che si mobilitò per chiedere il rispetto dei propri diritti. Si arrivò allo scontro armato. La Georgia governata allora dal presidente Shevardnadze, con il sostegno di Boris Eltsin, decise di reprimere la protesta con la forza militare. Il 14 agosto 1992 ebbe inizio la guerra georgiano-abcasa che durò un anno fino al 30 settembre del 1993. Le conseguenze furono  la devastazione dell’Abcasia, dall’economia alle infrastrutture, e la morte di migliaia di persone. Si può parlare di genocidio. Il 4 per cento degli abcasi resto ucciso durante il conflitto.  La causa abcasa di liberazione nei confronti della Georgea si avvalse dell’aiuto volontario di altri popoli del Nord Caucaso e della regione in generale, abazini, icircassi, ceceni, ingusci, cosacchi, russi, dagestani, armeni. In campo, ovviamente, tutti gli abcasi tra i 18 e 65 anni, non solo quelli che vivevano in Abcasia, ma che arrivarono da Turchia, Giordania, Siria, Egitto ecc. (abbiamo enorme comunità in quei Paesi) e tanti altri.  L’Abcasia è riuscita guadagnarsi la sovranità e l’indipendenza, voluta da generazioni degli abcasi, per poter decidere il proprio futuro ma soprattutto per la possibilità di preservare la nazione, l’antica e difficilissima lingua (per dire abbiamo 64 lettere nel alfabeto) e la cultura abcasa.

L’apertura di un eventuale secondo fronte da parte della Georgia inserendosi nell’attuale contesto internazionale potrebbe determinare un allargamento del conflitto in atto tra Russia e Ucraina e quali conseguenze potrebbe avere?

Data l’esperienza dei precedenti tentativi della Georgia di risolvere i propri problemi con la forza e l’assistenza militare russa all’Abkhazia e all’Ossezia del Sud, nell’attuale situazione geopolitica nel mondo, il prossimo tentativo della Georgia di avviare le ostilità può avere delle più serie conseguenze rispetto al 2008.

Dopo il periodo bellico, l’Abcasia come ha affrontato la fase della ricostruzione?

Il dopoguerra per l’Abcasia non è stato facile. Nel 1994 si è tenuto il primo referendum attraverso il quale il 98 per cento dei votanti si è espresso per accettare la costituzione di uno Stato sovrano, indipendente, democratico e di diritto. Questa azione ha avuto come effetto il blocco economico internazionale da parte di tutti i Paesi del mondo compresa la Russia di Eltsin che allora, politicamente, stava da parte georgiana. In queste condizioni difficili la dirigenza politica abcasa csi avviò verso negoziati tra l’Abcasia e la Georgia con il ruolo mediatico principale della Russia e con la partecipazione delle Nazioni Unite. Fino al 1999, nell’ambito dei negoziati, ci si è confrontati con la possibilità di dare vita ad una confederazione abcaso-georgiana. Tuttavia il presidente georgiano non accettava l’idea dell’uguaglianza dei poteri e dei diritti fra gli abcasi e i georgiani, così,  dopo l’ultimo tentativo di trovare una via per la convivenza pacifica caduto nel vuoto, il primo presidente abcaso Vladislav Ardzinba propose di indire un altro referendum per chiedere alla popolazione abcasa se avesse voluto proseguire a lottare per il riconoscimento internazionale  accettando l’atto di indipendenza. Il 96 per cento votò  per il sì. Da quel momento lo status politico di Abcasia non è stato mai più messo in discussione.

Cosa è successo con l’arrivo al governo della Russia di Vladimir Putin?

Nel 2000 con la elezione di Vladimir Putin, al governo, la Russia avviò una nuova politica, molto più pragmatica, riguardo il conflitto georgiano-abcaso. Gli effetti furono che dopo un lungo percorso di negoziati trilaterali e di violazioni continue da parte della Georgia degli accordi presi tra le parti nell’ambito di queste negoziati, l’8 agosto del 2008, l’allora presidente georgiano Saakashvili ha iniziato un’altra guerra nel Caucaso del Sud, contro l’Ossezia del Sud. 

Fu una guerra di cinque giorni che vide intervenire la Russia per salvare la nazione, visto che la maggior parte degli ossezi come gli abcasi, ha anche la cittadinanza russa. Dopo la guerra in Ossezia del Sud, il 26 agosto del 2008 l’allora presidente russo Dimitri Medvedev ha firmato il decreto di riconoscimento dell’indipendenza e sovranità dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud, decreto al quale ha fatto seguito il decreto dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche e lo scambio degli ambasciatori. 

Un riconoscimento importante. Come è stato accolto dalla Georgia?

Dopo il riconoscimento dell’indipendenza, la Georgia ha cambiato la propria strategia verso l’Abcasia, cioè se prima considerava l’Abcasia come una parte nel conflitto, dopo il riconoscimento russo la retorica è cambiata. L’Abcasia non veniva considerata più parte del conflitto, ma il cosiddetto territorio occupato dalla Russia secondo la legge adottata in Georgia, ed il conflitto non era più con l’Abcasia ma con la Russia. Dal punto di vista della Georgia che si posiziona nel ruolo della vittima potrebbe essere anche una bella strategia, però non corrisponde alla realtà. Sapete bene, che l’occupazione presuppone l’amministrazione esterna del Paese, l’assenza di elezioni democratiche, coprifuoco, posti militari nelle città e altre restrizioni ai diritti e alle libertà dei residenti. In Abcasia non c’è nessuno di questi segni – intanto vi invito a visitare lo Stato per avere le conferme – e inoltre, teniamo costantemente elezioni del Parlamento. A proposito le prossime si svolgeranno il 12 marzo, elezioni presidenziali, che si distinguono per una maggiore trasparenza e possono anche essere un esempio di elezioni trasparenti per le democrazie avanzate.

Il riconoscimento internazionale dell’Abcasia è ancora oggi limitato.

L’Abcasia viene spesso chiamata parzialmente riconosciuta ma dal punto di vista del diritto internazionale, dal momento in cui la Russia ha riconosciuto lo stato abcaso, l’Abcasia è passata da Paese non riconosciuto da nessun ente di diritto internazionale ad uno Stato riconosciuto dal Paese più grande del mondo, membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, una delle potenze mondiali ecc. 

A noi piace spiegare il diritto internazionale che riguarda il riconoscimento in un modo piu’ semplice cioè – cosi’ come non esistono gli Stati parzialmente riconosciuti, non esistono le donne parzialmente incinte. 

La differenza sta nel numero dei Paesi che riconoscono la sovranità e anche nei doppi standard della geopolitica, cioè chi sta dalla parte degli USA gode di più possibilità di essere rappresentato nelle organizzazioni internazionali e chi sta con la Russia deve essere sottoposto alle ridicole sanzioni. 

Io con il mio passaporto abcaso non posso andare nei Paesi che non riconoscono l’Abcasia, e soffro della violazione del mio diritto di base di libero movimento. La stessa cosa vale per i diplomi di laurea, i certificati di nascita ecc. Invece un cittadino kosovaro – con tutto il rispetto, ho tanti amici kosovari, ma solo per fare un esempio – può girare il mondo ed entrare nei Paesi che non riconoscono il Kosovo come Stato sovrano.

Dopo la Russia altri Stati hanno riconosciuto lo Stato di Abcasia.

Oggi l’Abcasia sta sviluppando le relazioni diplomatiche con diversi Paesi. Soprattutto con la Russia: per esempio ci sono due accordi interstatali al livello di partenariato strategico e di alleanza ed in più sono stati siglati più di 200 accordi in tutte le aree di cooperazione. La Russia aiuta anche economicamente, esiste un programma annuale di sostegno socio-economico, diversi accordi militari, che comprendono lo spiegamento unito di forze militari abcaso-russe nel caso di aggressione contro l’Abcasia. Il popolo abcaso è molto grato alla Russia per tanti motivi e rafforzeremo di sicuro la nostra cooperazione anche in futuro.

Abbiamo le Ambasciate aperte in Russia, a Mosca, nel Venezuela, in Siria, in Ossezia del Sud, e un paio di mesi fa il presidente ha firmato il decreto di apertura di un’Ambasciata in Nicaragua, abbiamo alcuni consoli onorari. Poi abbiamo diverse rappresentanze così come la rappresentanza diplomatica per l’Italia e Paesi dell’UE praticamente fa funzione di un’ambasciata vera e propria ma senza l’immunità diplomatica visto che per ora non sono state stabilite le relazioni diplomatiche tra l’Abcasia e l’Italia.

L’Abcasia offre numerose opportunita’ per gli investitori. Quali in particolare?  

L’Abcasia è una Repubblica con tante potenzialità nel settore agricolo perché esporta quasi 30 milioni di bottiglie di vino in Russia, in più circa 20 mila tonnellate di clementini, fragole. In più è una zona principalmente turistica molto importante per la Russia. Con quasi 300 mila abitanti ogni anno vengono più di 1,5 milioni di turisti maggiormente dalla Russia. 

Per gli investitori è stato creato un ente governativo – l’agenzia degli investimenti che fa capo al Ministero dell’economia, che può curare i progetti di un potenziale investitore. Si possono creare enti giuridici con il 100 per cento di capitale straniero e per chi investe più di un milione ci sono i cosiddetti esoneri dalle tasse per 3 anni.

Tornando all’attualità si prospetta un referendum in Donbass. Cosa ne pensa?

Per quanto riguarda il referendum in Donbass – il popolo del Donbass dal 2014 vive in guerra e sotto i bombardamenti dell’Ucraina. Ora sta lottando per la propria volontà di essere liberi a scegliere il proprio destino. Il Donbass vive proprio il periodo che l’Abcasia ha vissuto nel 1992-1993. Il popolo ha il diritto di decidere se associarsi con la Russia o rimanere sovrano come ha fatto l’Abcasia per esempio. Il popolo dell’Abcasia ha deciso di costruire lo Stato indipendente e sovrano con due referendum tenuti nel 1994 e nel 1999 con il 98 per cento dei voti. Noi come Abcasia appoggeremo qualsiasi decisione del popolo fratello delle Repubbliche del Donbass.

Graziarosa Villani

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Nella foto principale Vito Grittani a una conferenza stampa della Duma a Mosca

Kan Taniya e Vito Grittani responsabili diplomatici della Rappresentanza diplomatica per l’Italia.
L’ambasciatore della Siria presso la Santa Sede con sede a Ginevra saluta Vito Grittani Ambasciatore della Relubblica di Abcasia
Vito Grittani con il Con il presidente della repubblica del Donetsk
Sukhum, capitale dell’Abcasia
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