16 Marzo 1978 – 9 maggio 1978. I 55 della prigionia di Moro che si concludono con il ritrovamento del corpo in via Caetani, alle spalle dei palazzi di Dc e Pci, nella Renault 4 rossa. A 44 anni da quei fatti restano oscure molte pagine di questa vicenda che coinvolge appieno i vertici della Dc di allora ma anche i servizi segreti internazionali. Alcuni dati certi arrivano dai riscontri fatti dalle Commissioni parlamentari sul caso Moro.
Al riguardo emerge un dato importante quello relativo al condominio di via Massimi 91, a poca distanza dal luogo dell’agguato di via Mario Fani e dalla chiesa dove Moro seguiva messa al mattino provenendo dalla sua abitazione di via del Forte Trionfale che potrebbero essere stati il primo nascondiglio di Moro. Il dato chiaro è che quel compromesso storico che Moro si apprestava a realizzare proprio in quella giornata non piaceva né agli “alleati” statunitensi (che al riguardo avevano espressamente minacciato di morte l’esponente democristiano), né ai “nemici” dell’Urss di allora. Tra le cose non chiarite anche l’eventuale esistenza di una controfigura nel momento dell’agguato “interpretata” da un noto attore dell’epoca. L’onorevole, in tal caso, potrebbe essere stato portato direttamente dalla chiesa della Parrocchia di San Francesco d’Assisi al condominio di via Massimi 91 mentre al suo posto in via Fani c’era un’altra persona. Sul luogo dell’agguato anche un agente Cia.
La Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro dedica un paragrafo alle palazzine di via Massimi 91.
Così è scritto:
Gli accertamenti sviluppati hanno dimostrato che mai, dal 1978 ad oggi, era stato svolto un serio lavoro accertativo sul condominio di Via Massimi 91. Le palazzine in questione appartenevano all’Istituto per le opere di religione. Furono realizzate dalla s.r.l. Prato Verde, Via della Conciliazione 10, riconducibile allo I.O.R, di cui era amministratore unico Luigi Mennini, padre di don Antonello Mennini, che, come noto, ebbe un ruolo importante nella vicenda Moro. Nel 1978 il complesso edilizio in Via Massimi 91 – successivamente frazionato – aveva accessi non solo dalla stessa Via Massimi, ma anche da Via della Balduina, precisamente tramite un cancello contrassegnato dal civico 315 e da un’autorimessa di cui al civico 323 di quest’ultima strada. Nel tempo, ma dopo il 1978, furono eseguite alcune variazioni di accessi, assegnazioni di nuovi civici, nonché sostituzioni di cancelli. Gli accertamenti condotti hanno evidenziato la presenza nel complesso di un milieu abbastanza elevato e di alcuni cardinali e prelati, come il cardinale Egidio Vagnozzi, già delegato apostolico negli Stati Uniti e, dal 1968, Presidente della Prefettura per gli affari economici della Santa Sede, e il cardinale Alfredo Ottaviani. Risulta inoltre, da alcune testimonianze, un’assidua frequentazione del complesso da parte di monsignor Paul Marcinkus. Alcune testimonianze indicano anche una frequentazione dei prelati in questione da parte dell’onorevole Moro e dell’onorevole Piccoli. All’interno del complesso si riscontrano tuttavia anche presenze di altro genere, che potrebbero aver avuto una funzione specifica in relazione al sequestro Moro. Si è in particolare riscontrato che in quelle palazzine abitava la giornalista tedesca Birgit Kraatz, già attiva nel movimento estremista “Due giugno” e compagna di Franco Piperno. Secondo la testimonianza di più condomini Piperno frequentava quell’abitazione e, secondo una testimonianza che l’interessato ha dichiarato di aver appreso dal portiere dello stabile, lo stesso Piperno avrebbe da lì osservato i movimenti di Moro e della scorta. La stessa Kraatz ha ricordato la sua relazione con il Piperno, ma ha escluso che si trattenesse nel condominio. In proposito, altri testi, escussi da collaboratori della Commissione, hanno aggiunto ulteriori particolari di interesse, sebbene allo stato non riscontrati. In particolare una teste ha dichiarato che uno dei condomini, il generale del Genio Renato D’Ascia «disse a mio marito […] diversi anni fa, ma comunque molti anni dopo il sequestro Moro, che nella Palazzina B c’era un covo delle Brigate Rosse legato al sequestro dello statista e che proprio nei giorni dell’eccidio di Via Fani ci fu movimento tra il garage seminterrato della Palazzina ed il covo. Cioè qualcuno era passato dal garage. Posso solo dedurre, non essendo la diretta recettrice della confidenza, che l’ingresso si realizzò a mezzo auto. Purtroppo non sono in grado di dare nessuna indicazione relativa al piano cui si sarebbe situato, ma posso aggiungere che egli disse a mio marito della cittadina tedesca del piano terra, che ricordo chiamarsi Birgitte. Io sono convinta che il D’Ascia, avendolo ben conosciuto, fece presente questa cosa a chi di dovere, non se la sarebbe mai tenuta…». Il generale D’Ascia era un ufficiale del Genio, che operò anche in ambito SISMI, e che, come confermato dal figlio, manteneva rapporti di lavoro con la Guardia di finanza. È ipotizzabile che egli possa essere stato un possibile informatore della Guardia di finanza circa la localizzazione della “prigione” di Moro. Accanto a queste presenze legate al mondo dell’Autonomia operaia romana, i condomini in oggetto presentano altre e diverse emergenze investigative. Oltre ad una serie di personaggi legati alla finanza e a traffici tra Italia, Libia e Medio Oriente va sottolineata la presenza di una società statunitense, la Tumpane company, cessata in data 30 giugno 1982, con attività “servizi vari”, sede legale negli Stati Uniti d’America e domicilio fiscale in Via Massimi 91 a Roma. La Tumpane si identificava con la TUMCO, compagnia americana che nel 1969 forniva assistenza alla presenza NATO e statunitense in Turchia. La Tumpane ha cessato le proprie attività l’11 novembre 1982. Quale titolare di cariche viene indicato Alberto Colombini, nato a Livorno il 26 giugno 1930. Il Colombini è un dirigente d’azienda che all’atto della dichiarazione notarile specifica che la Tumpane opera anche per la «riparazione, ricostruzione, manutenzione, commercio e collaudo di qualsiasi tipo di velivolo ed attrezzatura aerea e missili ed attrezzature connesse (comprese le elettroniche); costruzione, riparazione, collaudo, commercio di qualsiasi tipo di attrezzatura per il collaudo, immagazzinaggio, lancio, manutenzione e puntamento di missili»; a seguire, si noti: «svolgere servizi alimentari». È stato tuttavia possibile accertare testimonialmente che la Tumco svolgeva attività di intelligence a beneficio di organo informativo militare statunitense la cui sede era in edificio di Via Veneto a Roma, gergalmente noto come “The Annexe”. Come ipotizzato sulla base dei siti presenti in Italia della Tumpane Company, essa svolgeva ufficialmente compiti di supporto alla rete statunitense di rilevamento radar, in appoggio alla NATO, denominata Troposcatter/NADGE. Nonostante ciò, nulla era stato comunicato alla Stazione ed alla Compagnia Carabinieri competenti per territorio. Risulta inoltre che i titolari statunitensi della Tumpane appartenessero ad ambienti del cattolicesimo tradizionalista statunitense. In particolare, il fondatore, John J. Tumpane era Presidente distrettuale della Society of the Holy Name, una organizzazione laicale legata ai domenicani. Tra le altre presenze significative nel complesso c’è poi quella di Omar Yahia (1931-2003), finanziere libico, legato all’intelligence libica e statunitense, e in rapporti anche con gli occupanti dell’appartamento di cui all’interno 4 della Palazzina 3A del civico 96 di Via Massimi. Yahia collaborò lungamente con i Servizi italiani, in particolare col colonnello Sasso. Come ricordato in altra sezione della relazione, il ruolo dello Yahia, ampiamente trattato nella sentenza ordinanza “Abu Ayad”, emerse nelle indagini sulla vicenda dei terroristi palestinesi arrestati a Ostia nel 1973 e consegnati alla Libia. Oltre a collaborare con il SID Yahia assunse nella sua società il colonnello Giovanni Battista Minerva, già Capo ufficio amministrazione del SIFAR e poi del SID, dopo che questi lasciò il Servizio segreto italiano. Yahia fu molto probabilmente la persona che mise in contatto la fonte “Damiano”, che fornì qualificate informazioni sulle Brigate rosse, con i Servizi italiani. La presenza dei suoi uffici nel condominio di via Massimi 91 conferma la densità delle presenze di intelligence che caratterizzò quel condominio.