«Un patto istituzionale con il Terzo settore nella condivisione della governance delle politiche sociosanitarie, nella interpretazione dei bisogni nei territori, nella lettura degli esiti». E’ quello che Alessio D’Amato, Assessore alla Sanità della Regione Lazio, ha proposto concludendo nella Sala Tevere, il convegno “Case senza le comunità? Missione 6 del PNRR per l’integrazione socio-sanitaria”, promosso da Forum del Terzo settore del Lazio, Csv Lazio e OPEN DOORS – P.orte A.perte PA.rliamo PA.rtecipiamo, un progetto Fami orientato a fornire strumenti concreti di integrazione socio-economica e accesso alla totalità dei servizi universali.
«E’ un impegno importante quel “facciamo squadra”, quel rafforzamento della rete che ci ha assicurato l’assessore a cominciare dalle conferenze sociosanitarie nelle singole Asl, luoghi in cui dare vita alla coprogettazione, ai sensi dell’art. 55 del Dlgs 117/17, per dettagliare distretto per distretto l’implementazione concreta delle Case della Comunità», commenta Francesca Danese, portavoce del Forum del Terzo settore del Lazio, che ha costruito l’appuntamento di oggi per discutere e costruire un modello virtuoso di integrazione socio-sanitaria tra Terzo Settore, Istituzioni e Pubblica Amministrazione e per implementare la natura sociale delle Case della Comunità.
A fine maggio, infatti, si dovrebbero presentare le progettazioni definitive circa la collocazione e l’organizzazione delle 180 Case della Comunità previste nel Lazio ma «finora – aggiunge Danese – oltre all’individuazione fisica dei locali, non abbiamo contezza di ciò che concretamente si vorrà realizzare». E’ dal timore che le Case di Comunità possano rivelarsi cattedrali nel deserto che si sono succeduti gli interventi di Riccardo Varone, presidente di ANCI Lazio, di Laura Paradiso, presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Lazio, Daniele Stavolo, presidente Fish Lazio, Paola Capparucci (GRIS), Giuseppe Greco (Confcooperative Lazio), Tommaso Ausili, Presidente Anteas Lazio, Lucia Ercoli, vicepresidente di Istituto di Medicina Solidale e Renzo Razzano, vicepresidente vicario CSV Lazio.
Si tratta di andare oltre la cornice delineata dal PNRR nella Missione 6 – che proprio secondo Razzano, «senza il coinvolgimento della comunità è solo un’operazione di ingegneria finanziaria» – e definire meglio come possono essere raggiunti alcuni obiettivi ambiziosi, come quello di far diventare le Case il fulcro del nuovo modello di assistenza socio-sanitaria territoriale che tenga conto dell’impatto che il COVID 19 e della crisi economica hanno avuto sulla sanità italiana. «La cooperazione, il volontariato, l’associazionismo devono essere coinvolti nella rilevazione dei bisogni, nell’individuazione degli strumenti, nel governo e nel monitoraggio», ha aggiunto Razzano.
La Missione 6, dunque, contempla investimenti per interventi sulle strutture ma sembra ignorare i bisogni dei territori e le professioni sociali, a partire dalle assistenti sociali. Come si procederà all’integrazione di queste differenti professionalità entrambe necessarie ad assicurare un corretto approccio olistico? Sarà prevista l’attivazione delle UVM (Unità di Valutazione Multidisciplinare) per la concreta presa in carico che tenga conto sia dei bisogni sanitari che di quelli sociali?
Come verranno valorizzati approcci metodologici innovativi come il Budget di salute che può rappresentare uno degli strumenti operativi per l’integrazione? E, ancora, come si può garantire una capillare assistenza locale e la presa in carico di cittadini particolare bisogni, come i senza fissa dimora, per cui una reale integrazione socio-sanitaria fa la differenza.
Infine, quale sarà il collegamento con le altre iniziative previste dallo stesso Piano, ad iniziare dalla Missione 6 e dagli Ospedali di Comunità?
Approfondire gli aspetti organizzativi e gestionali della Case della Comunità, territorio per territorio, serve a concretizzare il principio di Amministrazione condivisa, ribadito recentemente dalla Corte Costituzionale, come elemento cardine per il raggiungimento degli interessi generali.
La presenza del presidente di ANCI Lazio testimonia come questa prospettiva sia condivisa dagli amministratori di prossimità che, assieme alle organizzazioni del Terzo settore, riescono a leggere correttamente i bisogni dei propri territori e cogliere vecchie e nuove fragilità a cui rispondere favorendo le sinergie.
«Le case della Comunità – conclude Danese – per noi dovranno avere la capacità di raccogliere tutti i bisogni ma dando risposte differenziate ed articolate essendo il tema della salute multidimensionale e multiproblematico, come hanno testimoniato, in questo incontro, gli interventi di chi ogni giorno cerca di dare un sostegno a chi è in difficoltà».