Ad agosto scorso alla Regione Lazio è stato approvato il Piano Territoriale Paesistico Regionale. Uno strumento importante in termini di prescrizioni urbanisticche e vincoli di tutela. Numerose le critiche mosse da più parti sia per la metodologia adottata che per il contenuto di molte norme. Polemiche in particolare sono arrivate dalle forze ambientaliste. Sull’argomento ecolagodibracciano.it ha chiesto una intervista ad uno dei massimi aspetti del settore, già autorevole collaboratore del mensile La Voce del Lago e Responsabile del Circolo Territoriale di Roma della associazione “Verdi Ambiente e Società” (VAS).
Rodoldo Bosi, ci può dare un giudizio complessivo riguardo l’approvazione del PTPR. Quali sono i punti critici. Sicuramente lei ha fatto una analisi approfondita e potrebbe indicarceli zona per zona?
Il PTPR non è stato ancora pubblicato sul BUR del Lazio, ma ne ho potuto avere anticipatamente i 4 sub-emendamenti presentati dalla Giunta che sono stati approvati a maggioranza la mattina dello scorso 2 agosto, senza alcun dibattito e con il voto contrario del gruppo di Fratelli d’Italia e del Movimento 5 Stelle.
Dalla loro analisi approfondita che ho potuto effettuare per tutto il mese di agosto è emerso un generale allentamento delle prescrizioni di tutela di quasi tutte le aree soggette a vincolo paesaggistico.
I punti critici riguardano la serie di norme che sono state riscritte e che sono in grado di indicare in modo puntuale.
Ci risulta che i livelli di tutela nel centro storico di Roma siano deboli e limitati. Perché secondo lei? Cosa sarebbe necessario prevedere per aumentarli?
I livelli di tutela del centro storico di Roma non sono né deboli né limitati per il semplice motivo che per esso non è stata dettata fino ad oggi nessuna disciplina di tutela da parte delle Norme del PTPR.
Il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” all’epoca vigente consentiva anche alla Regione Lazio di imporre nuovi vincoli paesaggistici in relazione ai cosiddetti “beni tipizzati”, fra i quali i centri storici dei Comuni: contestualmente alla adozione del PTPR sono stati così vincolati i centri storici dei 377 Comuni del Lazio, disciplinati dall’art. 43 delle Norme del PTPR che però non si applica per il centro storico di Roma secondo il perimetro che dal 1980 è stato riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, dal momento che il comma 15 dell’art. 43 rimanda al piano di gestione del sito Unesco, poi adottato nel 2016 ma con valore solo di indirizzo dall’allora commissario straordinario del Comune di Roma Francesco Paolo Tronca.
Con l’approvazione del PTPR il suddetto comma 15 è stato sostituito da un comma 17 che rimanda a «quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)»: si tratta di un atto previsto dalle Norme Tecniche di Attuazione del PRG di Roma approvato il 12 febbraio del 2008, che per i tessuti storici del sito UNESCO prescrivono un “parere consultivo” con la Soprintendenza statale da esprimere per giunta riguardo a progetti di immobili non vincolati.
In conclusione il vincolo paesaggistico del centro storico di Roma è tuttora senza disciplina di tutela: ma la conferma della mancanza di una disciplina di tutela non esime dall’obbligo (fin qui ignorato da ben 12 anni) di rilascio della “autorizzazione paesaggistica” che l’associazione VAS sta sostenendo dal 2010 perché prescritto in generale dall’art. 146 del “Codice” ed in particolare proprio per i “beni tipizzati” dal 2° comma dell’art. 10 delle Norme del PTPR.
Non si tratta in conclusione di prevedere qualcosa per aumentare i livelli di tutela, bensì di battersi per far dettare una disciplina di tutela anche se non soprattutto per il centro storico di Roma (nonché per gli edifici storico-monumentali pure della città storica come individuata dal PRG), pretendendo da oggi in poi il rilascio preventivo ed obbligatorio della autorizzazione paesaggistica per tutti i futuri progetti di trasformazione del territorio del centro storico, demandando al Comune di Roma (in potere di sub-delega) ed alla Soprintendenza competente il compito e la responsabilità di doversi comunque pronunciare pur in assenza di una specifica normativa di tutela.
Sappiamo che le proposte del Mibact non sono state recepite, ovvero sono state stralciate, al momento dell’approvazione di agosto scorso. Cosa pensa al riguardo?
La redazione congiunta del PTPR è iniziata dopo che il 9 febbraio 1999 è stato sottoscritto un “accordo di collaborazione” con il MIBACT ed è proseguita anche dopo che nel 2004 è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, fino alla adozione del PTPR avvenuta nel 2007: un anno dopo l’adozione è stata apportata al “Codice” una modifica che ha reso obbligatoria attraverso il meccanismo dell’intesa/accordo l’elaborazione congiunta con il MIBACT anche del PTPR per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico.
Per rispettare l’obbligo di co-pianificazione la collaborazione, che era nel frattempo proseguita anche dopo l’adozione del PTPR, si è concretizzata formalmente l’11 dicembre 2013 con la sottoscrizione di un “Protocollo d’Intesa” e del relativo disciplinare, con cui è stato preso atto del piano già adottato, pubblicato e fatto oggetto di oltre 22.000 osservazioni rispetto alle quali è stato preso l’impegno di valutare congiuntamente le rispettive controdeduzioni, condivise alla fine con un verbale sottoscritto il 16 dicembre 2015.
Il PTPR è stato alla fine approvato ignorando quasi completamente il testo delle Norme scaturito dalle controdeduzioni effettuate nel 2015 assieme al MIBACT, che in sede di approvazione del Piano sono state alla fine del tutto riscritte con l’aggiunta dell’art. 14-bis.
Penso al riguardo che la riscrittura delle Norme senza una preventiva intesa con il MIBACT costituisca un punto critico in termini sia di metodo che soprattutto di merito per quanto riguarda in particolare il già ricordato allentamento delle prescrizioni di tutela.
Ritiene utile un ricorso da parte del Mibact al Tar? Quali sarebbero a suo avviso le norme da cancellare?
Il 7 agosto scorso l’Ufficio stampa del MIBAC ha dichiarato che «al momento non c’è altra via che impugnare il Piano in questione».
Ritengo comunque utile un ricorso al TAR: se non lo farà il MIBAC, saranno sicuramente altri ad impugnare al TAR il PTPR, una volta che sarà stato pubblicato sul B.U.R. del Lazio.
L’analisi approfondita che ho potuto effettuare mi ha portato ad individuare diverse disposizioni delle Norme del PTPR viziate di legittimità che costituiscono quindi la base delle possibili censure da inserire in un ricorso al TAR finalizzato quanto meno all’annullamento di tali illecite disposizioni, per ridare al PTPR la corretta valenza che gli spetta.
Secondo lei c’è stata sufficiente condivisione nei territori dell’atto urbanistico?
A rigore il PTPR non è un vero e proprio atto urbanistico, ma incide direttamente sulla pianificazione del territorio da parte soprattutto dei Comuni, con implicazioni dirette anche riguardo a vari settori produttivi: per tali motivi l’avvio della sessione urbanistica sul PTPR è stato preceduto da un incontro sul PTPR con i consiglieri regionali organizzato da una serie di soggetti singoli e associati autodefinitisi “forze produttive” del Lazio che si è tenuto il 22 gennaio 2019, nel corso del quale sono state presentate una serie di richieste di modifiche del PTPR finalizzate ad allentare diverse prescrizioni di tutela, che sono state poi quasi tutte accolte nei 4 sub-emendamenti che la Giunta Regionale ha depositato alle ore 0,30 del 2 agosto 2019 per evitare la discussione ed il voto sugli oltre 2.000 emendamenti che rimanevano ancora da discutere e votare.
Le suddette “forze produttive”, benché abbiano espressamente riconosciuto che «il PTPR costituisce uno strumento di governo del territorio la cui normativa è sovraordinata e prevalente rispetto a quella di tutti gli altri strumenti di pianificazione», ritengono che «al tempo stesso, però, è altrettanto importante che nel processo di approvazione vengano apportate tutte le modifiche necessarie per coordinare il PTPR con il contesto territoriale ed economico attuale».
La sufficiente condivisione nei territori si è alla fine concretizzata dando priorità assoluta allo sviluppo economico, definendolo strumentalmente “ecocompatibile”, subordinando di fatto ad esso la tutela del paesaggio, in violazione palese dell’art. 9 della nostra Costituzione.
Nella cartografia finale sono state rispettate le perimetrazioni dei parchi regionali?
Nelle 42 Tavole B del PTPR sono riportati tutti i “beni paesaggistici” vincolati, compresi anche i cosiddetti “beni diffusi” fra cui rientrano anche i parchi e le riserve tutelati per legge: dovrebbero essere state conseguentemente rispettate le perimetrazioni sia dei parchi regionali che delle riserve regionali.
Che rapporto esiste o dovrebbe esistere tra piano di assetto dei parchi e PTPR?
Con sentenza n. 108 del 19 maggio 2008 la Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione relativa al principio della «cogente prevalenza dei piani paesistici sulla pianificazione delle aree naturali protette»: ha così sancito la piena legittimità del secondo periodo del 3° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004, con cui è stato emanato il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, ai sensi del quale «per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette».
Riguardo alla “protezione dei parchi e delle riserve naturali” la norma del PTPR approvata fa riferimento ai piani di assetto «approvati alla data di approvazione del PTPR» e non invece «alla data di pubblicazione dell’approvazione del PTPR», come avrebbe dovuto essere correttamente disposto.
Ma perplessità ancora maggiori le determina l’uso dell’espressione «in quanto conformi al PTPR stesso», perché lascia intendere che tutti i Piani di Assetto approvati nel lasso di tempo che va dal 2007 al 2019 siano quasi automaticamente «conformi al PTPR stesso» in modo esclusivo, quando magari così non è anche per la seguente ulteriore considerazione: solo con l’approvazione definitiva del PTPR vengono a decadere tutti i PTP approvati di cui quindi dal 2007 al 2019 i piani di assetto debbono aver rispettato le prescrizioni, con la clausola che in caso di contrasto tra PTP approvati e PTPR adottato vale sempre e comunque la disposizione più restrittiva.
I livelli di tutela dei litorali sono adeguati ed in linea con la legge Galasso. Ci risulta un aumento delle previsioni di cubatura (0,2 metro cubo per metro quadro) per le strutture turistico ricettive?
Riguardo alla “protezione delle fasce costiere marittime” nella norma del PTPR approvata è stata sostituita l’espressione «attrezzature balneari ed i campeggi» con «le strutture balneari e le strutture ricettive all’aria aperta» che è ben più estensiva: le strutture possono avere per di più durata annuale (destagionalizzazione) ed essere costruite in ambiti circoscritti con un indice di edificabilità fondiaria di 0,02 mc/mq che non è affatto previsto dalla legge regionale n. 24/1998.
Lo stesso indice di edificabilità fondiaria è previsto anche per le coste dei laghi.
La cartografia di riferimento a che anno è aggiornata?
Il PTPR è stato redatto sulla base della Carta Tecnica Regionale del 2004, che è stata aggiornata successivamente alla adozione in scala 1:5.000 con il volo del 2014.
Con la legge regionale n. 2 del 13 febbraio 2018 è stato disposto che «la Regione procede tramite le proprie strutture competenti previa intesa con il ministero competente in materia di beni e di attività culturali, all’aggiornamento della base cartografica del PTPR adottato con riferimento alla Carta dell’uso del suolo di cui alla deliberazione della Giunta regionale 28 marzo 2000, n. 953 come aggiornata dal volo 2014 e pubblicata sul portale cartografico della Regione.»
Come chiarito nelle premesse della delibera con cui il Consiglio Regionale ha approvato il PTPR questo aggiornamento «costituisce rappresentazione più attuale e descrittiva del territorio regionale, non assume valore prescrittivo e non modifica la disciplina di tutela, d’uso e valorizzazione dei paesaggi».
Ora il piano PTPR è stato approvato. Si prevedono ulteriori adeguamenti delle cartografie?
Dopo l’adozione del PTPR sono stati imposti tutta una serie di vincoli relativi a “beni paesaggistici” che non sono stati compresi nella approvazione del Piano e sono stati stralciati dalle Tavole B «in quanto non sono state rispettate le forme di pubblicità previste per legge».
Per essere reinseriti nelle Tavole B vanno pertanto sottoposti prima a pubblicazione e deposito, per essere fatti oggetto poi di osservazioni e controdeduzioni congiunte.
L’appendice alla relazione istruttoria chiarisce al riguardo che «successivamente alla approvazione del PTPR e a completamento della fase pubblicistica di tali beni paesaggistici, il PTPR debba essere aggiornato e integrato d’intesa con il competente Ministero».
Ci rendiamo conto che è difficile e semplificativo offrire delle valutazioni rapide. Ma da esperto qual è ci può evidenziare luci ed ombre dell’attuale PTPR?
Le “luci” del PTPR che mi sento di evidenziare sono quelle che risalgono alla sua redazione e che sono rimaste invariate: riguardano i cosiddetti “beni tipizzati”, vale a dire gli ulteriori vincoli paesaggistici che la Regione ha imposto contestualmente alla adozione del PTPR, con particolare riguardo ai centri storici di tutti i Comuni del Lazio con la loro fascia di rispetto di 150 metri.
Invariate sono rimaste anche le Tabelle relative ad ogni ambito di paesaggio, con cui sono state previste e disciplinate tutte le possibili trasformazioni del territorio: costituiscono una caratteristica che distingue il PTPR del Lazio da tutti gli altri.
Non riesco invece ad evidenziare “luci” del PTPR per come è stato approvato anche in termini di “metodo”, oltre che di “merito”, vista la fretta con cui è stato voluto portare all’esame del Consiglio Regionale proprio a ridosso della pausa estiva, per forzarne una approvazione senza quel dovuto dibattito e quel necessario confronto che potevano essere tranquillamente rimandati a settembre, avendone ancora tutto il tempo necessario, considerato che il PTPR avrebbe dovuto essere approvato entro il 14 febbraio del 2020.
Fra le “ombre” che mi sento di evidenziare, oltre a quelle già precedentemente dette, ci sono gli interventi di rigenerazione urbana che ai fini della eliminazione delle barriere architettoniche si vengono a consentire anche in deroga alle norme del PTPR, le disposizioni speciali per i territori del Lazio colpiti dal terremoto, che consentono la ricostruzione di edifici legittimi e/o legittimati «anche con variazione di sagoma» cioè non in conformità con il disegno urbanistico originario, la protezione delle montagne sopra la quota di 1.200 mt. slm dove lo «sviluppo di attività sportive compatibili con l’aspetto esteriore dei luoghi», consentito dalla legge regionale n. 24/1998, è diventato lo «sviluppo e modernizzazione degli impianti sportivi esistenti, compatibili con la natura della montagna» ed infine la riduzione della pianificazione delle aree non vincolate ad un mero «contributo conoscitivo», declassando la funzione di indirizzo del PTPR che viene così ad escludere la sua valenza anche come piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici.
Il PTPR recepisce il piano urbanistico delle province. Quali sono i rapporti gerarchici e normativi tra i due piani?
Le 5 Province del Lazio (per Roma ora Città Metropolitana) hanno redatto ed approvato il rispettivo Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG), che gerarchicamente è sovraordinato e cogente rispetto agli strumenti urbanistici dei Comuni (PRG e loro Varianti ecc.), ma pur sempre subordinato al PTPR, come prescrive il 3° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004, con cui è stato emanato il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
C’è da far presente inoltre che con l’entrata in vigore del PTPR, una volta pubblicato sul B.U.R. del Lazio, viene a scattare quanto prevede la legge regionale urbanistica n. 38/1999, vale a dire che tutti i Piani Regolatori dei Comuni, chiamati ora Piani Urbanistici Comunali Generali (PUCG) o le loro Varianti Generali dovranno essere approvati dalle Province in generale (e non più dalla Regione) ed in particolare dalla ex Provincia di Roma, ora Città Metropolitana di Roma.
L’art. 66 della legge regionale n. 38/1999 dispone infatti che questo trasferimento dei compiti si attuerà quando saranno stati approvati sia i Piani Territoriali Provinciali Generali (PTPG) che il PTPR: fin dal 2010 la Provincia di Roma ha approvato il suo PTPG.
I piani regolatori comunali in che tempi si dovranno adeguare al nuovo strumento urbanistico regionale?
Con il sub-emendamento D/10 il termine entro cui i Comuni dovranno adeguare al PTPR i loro strumenti urbanistici è stato portato a 3 anni dalla data della sua approvazione, in aperta violazione del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” che obbliga invece ad effettuare tale adeguamento comunque non oltre due anni dalla approvazione del PTPR.
C’è da mettere in evidenza che il suddetto termine era stato portato a tre anni già da prima, addirittura con la legge regionale n. 2 del 12 febbraio 2015, senza che il Governo l’abbia a tutt’oggi impugnata per violazione palese del 4° comma dell’art. 145 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”.
Oltre ad essere una ulteriore “ombra” che si può evidenziare, è un motivo in più per impugnare al TAR anche questa disposizione, chiedendo di sollevare alla Consulta la questione di legittimità costituzionale del 1° comma dell’art. 27.1 della legge regionale n. 24/1998.
Graziarosa Villani