Site icon Ecolagodibracciano.it

Parco di Bracciano-Martignano nella Rete Natura 2000

Natura 2000

La Zps del comprensorio Bracciano-Martignano fa parte della Rete Natura 2000. Questo è infatti il nome che il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una “rete”) di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell’Unione stessa ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva “Habitat” e delle specie di cui all’allegato I della Direttiva “Uccelli” e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia.

La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva “Habitat”, è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS). Attualmente la “rete” è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva “Uccelli”, e i Siti di Importanza Comunitaria proposti (SIC); tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione.

La Zps di protezione speciale “Comprensorio Bracciano Martignano è stata ampliata a seguito di DGR Lazio 651/05 e ora si estende per circa 19.554 ettari nei comuni di Monterosi, Sutri, Oriolo Romano, Bassano Romano, in Provincia di Viterbo e nei comuni di Bracciano, Manziana,  Trevignano, Anguillara Sabazia, Campagnano Romano e Roma, in Provincia di Roma. I confini della Zps sono in gran parte corrispondenti al territorio del parco, ma si sono anche aree esterne al suo perimetro. 

Gli habitat e le specie da tutelare

(a cura di Francesco Spada Università degli Studi La Sapienza, coordinatore del gruppo di lavoro per la redazione del piano di gestione)

Il comprensorio del lago di Bracciano presenta aspetti decisamente emblematici del patrimonio naturale del settore occidentale della campagna romana. Sostanzialmente corrispondente a un distretto biogeografico e antropogeografico ben preciso e area di colonizzazione agricola già risalente alla prime fasi dell’insediamento neolitico peninsulare (VI millennio a.C.), il lago e i rilievi contigui sono sede di una vegetazione forestale che, pur plasmata da una lunga storia di impatto umano selettivo, presenta purtuttavia tratti di grande conservatività e valore documentario.

Il mio interesse è da tempo attratto da un aspetto saliente, e a tutt’oggi per nulla enfatizzato, nella struttura della vegetazione di quell’area, in quanto in essa rilevo la quanto mai insolita coesistenza di due forme decisamente contrastanti del paesaggio vegetale proprio delle regioni peninsulari a  quelle latitudini.

Si tratta, da un lato, dei resti di vegetazione steppica dei cigli e crostoni piroclastitici e, dall’altro, di una vegetazione forestale suboceanica, quanto mai lussurreggiante, complessa e ricchissima di specie legnose, diffusa sulle  pendici  meno acclivi e sui pianori del rilievo vulcanico. Tale contrapposizione contiene in sé un enorme potenziale esplicativo per quanto riguarda la genesi della vegetazione dell’Italia centrale tirrenica, considerando il fatto che tali forme di vegetazione rappresentano la testimonianza di epoche climatiche ben distinte della storia della penisola. A ciò si aggiunga la  presenza di una cintura perilacustre di foresta a specie legnose di  affinità orientale e nordafricana (Celtis, Laurus), che raggiunge nel comprensorio il suo  limite settentrionale di distribuzione verosimilmente zonale nella penisola.

A lato di questa tematica prettamente fitogeografica, la mia ricerca è venuta in questi ultimi tempi ad estendersi  anche agli aspetti applicativi della Direttiva Comunitaria sulla tutela della biodiversità di altri territori del Lazio, spesso oggetto di controversie interpretative legate alla definizione degli “Habitat” del censimento Natura 2000.

Queste diatribe traggono la loro origine da una ancor insoddisfacente conoscenza del significato biogeografico di specie, comunità e processi legati al dinamismo della copertura vegetale e presentano risvolti di non indifferente ricaduta gestionale nel caso delle aree protette.

Valore documentario elevatissimo dal punto di vista storico-culturale peresenta il paesaggio agrario del comprensorio, ancora connotato dagli ampi spazi  aperti, nella compagine delle foresta locale, da una cerealicoltura sviluppatasi nel corso del tempo attraverso passaggi riccamente documentati dalla archivistica medioevale e di epoca moderna.

Ai fini della conoscenza e gestione del patrimonio botanico del comprensorio del Parco verrà realizzato lo studio delle comunità vegetali locali secondo le metodologie correnti della Scienza della vegetazione e della Fitogeografia quantitativa., saranno indagati i caratteri biogeografici e il modello distribuzionale della flora e saranno cartografate e rappresentate con idoneo simbolismo le forme di vegetazione caratterizzanti gli Habitat Natura 2000 presenti nel comprensorio.

La meraviglia dei laghi

Dei complessivi 167 Km2 circa di superficie del Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano, circa 60 Km2 sono occupati dalle acque lacustri dei laghi di Bracciano (57 Km2) e  Martignano (2,4 Km2). La rilevanza di questa estensione non riguarda soltanto l’area protetta, ma l’intera realtà nazionale: il lago di Bracciano è il secondo del Lazio e l’ottavo d’Italia per superficie, ed è collocato in un’area che comprende al suo interno tutti i più importanti laghi vulcanici d’Italia. I due altri bacini vulcanici sui quali gravita l’interesse del Parco, uno incluso al suo interno (Martignano) e l’altro ricadente nel territorio di uno dei comuni del Parco (Monterosi), pur di modeste dimensioni, racchiudono in sé un elevatissimo valore naturalistico, storico e scientifico.

Nibbi, fistioni e beccacce: gli uccelli del parco

Il livello di conoscenza ornitologica dell’ area in questione risulta buono, grazie alle indagini svolte in sede di piano del parco ed all’ indagine propedeutica al Piano realizzata nel 2002-3.

Ciononostante, a causa della non completa sovrapposizione tra i confini e della ZPS, alcune aree in particolare nel settore Cesano (comune di Roma), Manziana, Oriolo romano e Bassano romano (settori boschivi prossimi ad Oriolo romano,  Calandrina, area tra Monte Raschio e Monte Termine) e Monterosi (lago e settori collinari circostanti), rimangono poco conosciuti ed indagati, anche se le due indagini sopra menzionate, si erano in parte allargate a questi territori.

Verifiche mirate su alcune specie problematiche (rapaci e specie notturne) e  su specie segnalate per aver causato danni (Cigno reale, Storno, Cormorano) 

I rilievi sono ovviamente già stati avviati e proseguiranno per la stagione riproduttiva sino a fine mese di luglio, mentre per le presenze di uccelli acquatici ed altri gruppi si protrarranno anche oltre sino al gennaio  2008. 

Certamente l’ elemento di maggiore rilievo è costituito dallo svernamento degli uccelli acquatici per il quale il parco è secondo, in ordine numerico, al solo PN del Circeo nell’intera Regione Lazio. Tale valore si è collocato negli ultimi anni tra gli 8000 ed i 12000 uccelli acquatici. 

Tra le specie più significative in tal senso troviamo il Fistione Turco, una rara anatra tuffatrice orientale per la quale si riscontrano, soprattutto nel lago di Martignano, i valori più in alto in termini assoluti dell’intera Italia. 

Anche le altre specie tuffatrici ed in particolare il Moriglione, la Folaga, lo Svasso maggiore e lo Svasso piccolo raggiungono valori tali da far segnalare tali specie a livello nazionale con almeno l’ 1% della popolazione svernante in Italia. 

Tra le situazioni interessanti un gruppo di 300-500 fischioni arriva regolarmente ogni anno a svernare nel lago di Martignano. In assenza di ricerche specifiche non è possibile sapere da dove questi uccelli arrivino, ma data la distribuzione della specie è certo che si tratta di uccelli che nidificano nelle regioni artiche per trascorrere poi l’ inverno da noi. 

Di fronte all’abitato di Anguillara Sabazia circa 100 moriglioni svernano regolarmente ogni anno e sono divenuti molto confidenti nei confronti delle persone, tanto che è possibile osservarli e vedere i loro tuffi a pochi metri da riva.

Il nibbio bruno è la specie più interessante tra i rapaci nidificanti nell’ area in questione. Si tratta di un migratore a lungo raggio, dall’ Africa meridionale, che arriva in marzo aprile e riparte in agosto. Non è difficile in estate osservarlo in caccia, meglio sarebbe dire in pesca, sulla superficie dei laghi di Bracciano e Martignano, dove tenta di catturare pesci. 

Il cormorano è un uccello acquatico, ma le sue penne, impermeabilizzate solo in parte da apposite secrezioni grasse, devono asciugarsi al sole. Non è difficile vedere questi uccelli posati su pali, alberi pontili, ad ali aperte, mentre si asciugano. Alla sera si riuniscono per passare la notte in posatoi chiamati “roost” dove anche un centinaio di esemplari si riuniscono. 

Il passero solitario è tipico di ambienti rocciosi mediterranei asciutti, ma nella nostra area è presente soprattutto nei centri storici, dove gli antichi edifici ricchi di buchi , i tetti “somigliano” alle condizioni  naturali e offrono un ambiente idoneo alla nidificazione. 

La folaga è il più numeroso degli uccelli acquatici del Parco. In alcuni  inverni si sono contati sino ad oltre 8000 esemplari svernanti,  la maggioranza dei quali sul lago di Bracciano. 

Negli ultimi anni le colonie del variopinto Gruccione, una delle specie più belle tra quelle nidificanti in Italia, sono in sensibile aumento ed anche all’ interno dei confini del parco la specie è divenuta più numerosa. 

L’ allocco è il più comune tra i rapaci notturni boschivi del parco mentre nelle zone agricole sono ancora frequenti la Civetta ed il Barbagianni che spesso utilizzano edifici o vecchi ruderi per costruire il nido. 

Nei tetti dei centri storici dei paesi rivieraschi (Bracciano, Anguillara, Trevignano) nidificano numerosi i Rondoni, uccelli migratori presenti tra aprile e luglio , che trascorrono la loro intera esistenza in volo e si posano solo per deporre le uova ed allevare la prole. 

I piciformi sono legati agli ambienti forestali nei quali scavano in genere nel tronco di un albero, il proprio nido: le specie più numerose sono il Picchio rosso  maggiore, il Picchio verde ed il Torcicollo,  mentre più raro è il piccolo Picchio rosso minore. 

La beccaccia appartiene come classificazione alla categoria degli uccelli acquatici, ma in realtà frequenta le zone boschive del  parco in autunno- inverno; il suo mimetismo le consente di rimanere immobile, a pochi passi dall’ uomo, senza essere vista.  

Migliaia di gabbiani reali e comuni si osservano in tutte le stagioni sui laghi. Le 2 specie però non nidificano nel parco ed i soggetti presenti in estate sono quasi tutti immaturi. La presenza di una discarica in comune di Bracciano ha fatto fortemente aumentare il numero di questi uccelli, che giornalmente si muovono verso questa abbondante fonte di cibo. 

La strolaga mezzana è una specie nordica poco numerosa da noi ed osservabile soprattutto a Bolsena e nel P.N. del Circeo, occasionalmente anche sul laghi di Bracciano.  

La variopinta upupa nidifica su vecchi alberi con cavità, per esempio vecchi castagni, più raramente in muri a secco.

Rondine e balestruccio, un tempo abbondanti nell’area, sono negli ultimi anni in forte declino numerico. 

Farfalle, libellule e coleotteri, gli Insetti del Parco

Gli Insetti costituiscono il gruppo di animali più numeroso sul pianeta. Questi invertebrati  rappresentano infatti circa i due terzi di tutte le specie di organismi viventi conosciute. In Italia, ad esempio, delle circa 57.500 specie animali presenti, oltre 37.000 sono rappresentate da Insetti. Essi colonizzano una enorme varietà di ambienti, dove svolgono ruoli ecologici i più diversi e dove spesso sono rappresentati da un numero enorme di individui. Il loro significato nella conservazione della biodiversità e nel mantenimento della funzionalità degli ecosistemi è quindi evidente.

La fauna entomologica del Lazio è una tra le più ricche nel nostro Paese. In base ad alcuni gruppi significativi come i Coleotteri Carabidi, gli Imenotteri Apoidei e le farfalle diurne, si può affermare che in questa regione è presente una porzione dal 40 al 50% della fauna entomologica nazionale. Tale ricchezza è in relazione alla varietà di ambienti presenti nel territorio regionale ed al loro attuale stato di conservazione. Alcune specie sono molto frequenti, presenti in tutti gli ambienti, talora infestanti, altre invece sono legate ad habitat particolari, come le foreste o le zone umide, e, a causa dell’azione antropica (bonifica, deforestazione, urbanizzazione, ecc.), sono oggi in forte declino, minacciate di estinzione e perciò protette a livello internazionale.

Nel comprensorio del lago di Bracciano e Martignano ed aree adiacenti non è stato mai condotto uno studio che ci dica quante siano le specie presenti nell’area. In base alle frammentarie notizie al momento disponibili si tratta comunque di un numero sicuramente elevato, dell’ordine di diverse migliaia. Tra queste sono presenti alcune specie meritevoli di protezione a livello europeo e perciò incluse nella Direttiva Habitat 92/43/CEE.

Si tratta di alcune specie di libellule, di coleotteri e di farfalle. Tra le libellule, insetti molto antichi con larve acquatiche e adulti subaerei, risultano presenti Cordulegaster trinacriae, distribuita esclusivamente nell’Appennino centro-meridionale e in Sicilia, e Oxygastra curtisi, diffusa nei paesi dell’Europa occidentale e in Nord Africa. Entrambe sono sensibili all’inquinamento dei corsi d’acqua, all’eliminazione della vegetazione rivierasca, all’alterazione dei corpi idrici ed all’intorbidimento delle acque.

Tra i coleotteri sono stati segnalate due specie di Cerambicidi e un Lucanide, tutte legate agli ecosistemi forestali. Tra i Cerambicidi, coleotteri di dimensioni in genere medio-grandi e dalle lunghe antenne filiformi, si tratta di Cerambyx cerdo, vistosa specie diffusa in gran parte dell’Europa meridionale e centrale, in Nord Africa e in Medio Oriente il cui adulto di color nero lucido è lungo fino a 5 cm e le cui larve si sviluppano entro il legno di querce vetuste, e dell’elegantissima Rosalia alpina, anch’essa diffusa in Europa centrale e meridionale e Medio Oriente dove vive nelle foreste a prevalenza di faggio, il cui adulto, lungo fino a 4 cm, si riconosce facilmente per la colorazione blu-grigia con tre grandi macchie di colore nero velluto sul dorso. Di questa specie sono note alcune segnalazioni risalenti agli inizi del Novecento nelle faggete di Oriolo e Bassano, mai più confermate. Il Lucanidae è l'”imponente” Lucanus cervus, noto come Cervo volante, il Coleottero più grande in Europa. Il maschio, infatti, armato di lunghe mandibole biforcate, può essere lungo fino a 8 cm. Si tratta di una specie diffusa dalla Siberia all’Europa, attiva al crepuscolo, che in Italia abita principalmente i boschi di querce. Le larve vivono nelle ceppaie dove si nutrono del legno. Il Cerambice delle querce, la Rosalia e il Cervo volante sono tutte minacciate dalla ceduazione dei boschi, dalla pulizia del sottobosco, dall’eliminazione delle vecchie piante deperienti e dalla deforestazione.

Tra le farfalle è nota la presenza di alcune specie notturne, come Euplagia quadripunctaria, che nel nostro paese non corre alcun pericolo di estinzione, Eriogaster catax, Prosperinus proserpinus, entrambe in declino. Tra le farfalle diurne è presente la inconfondibile Zerynthia polyxena, diffusa in Europa meridionale ed in Asia minore, presente in tutta Italia tranne in Sardegna, la cui larva cresce su piante del genere Aristolochia, minacciata a livello europeo a seguito della distruzione dell’habitat e alla eccessiva raccolta per collezionismo.

Chirotteri, conoscerli per proteggerli

(A cura di Danilo Russo, Docente di Conservazione della Natura, Università degli Studi di Napoli Federico II)

Nonostante siano spesso confusi con i Roditori, i pipistrelli costituiscono un gruppo di Mammiferi dal primo ben distinto. Gli zoologi chiamano i pipistrelli Chirotteri, un nome derivante da due parole di origine greca il cui significato è letteralmente “mano-ala”. Infatti, questi mammiferi sono capaci di volare attivamente come gli uccelli, grazie al fatto che posseggono ali derivanti dalla trasformazione dello scheletro della mano e del braccio. 

I Chirotteri sono dei veri campioni di biodiversità: comprendono circa 1100 specie, delle quali 33 attualmente presenti in Italia. I Chirotteri europei sono prevalentemente insettivori, ma certe specie (Myotis daubentonii e Myotis capaccinii) catturano occasionalmente anche piccoli pesci strappandoli via dal pelo dell’acqua, e la nottola gigante (Nyctalus  lasiopterus) – lo si è scoperto di recente – si nutre di piccoli uccelli oltre che di insetti. Un singolo pipistrello può sterminare centinaia di insetti in una sola notte, tra cui molti nocivi all’uomo e alle colture. I Chirotteri sono perciò importanti agenti di controllo biologico di insetti nocivi alla salute umana e alle colture, fatto per il quale nel nostro Paese questi Mammiferi sono protetto dalla legge sin dal 1939. 

Molte leggende circolano su questi mammiferi, tutte assolutamente false. I chirotteri non succhiano il sangue degli uomini (solo tre specie centro-sudamericane si nutrono di sangue di animali domestici), non si aggrappano ai capelli, non sono ciechi. Ci vedono, in realtà, benissimo, ma posseggono anche un “sesto senso”: un biosonar, simile al sonar posto a bordo delle moderne navi. Grazie ad esso, questi mammiferi esplorano l’oscurità più completa, si orientano e identificano le loro prede ascoltando l’eco prodotto da ultrasuoni emessi in volo e riflessi dagli oggetti circostanti. Longevi (i pipistrelli possono vivere più di 40 anni) e poco prolifici (generalmente mettono alla luce un solo piccolo all’anno, di rado due), i chirotteri superano i rigori dell’inverno – quando gli insetti di cui si nutrono scarseggiano – rifugiandosi in luoghi tranquilli, umidi e bui ove trascorrono periodi di inattività (la cosiddetta ibernazione) durante i quali sopravvivono essenzialmente grazie al grasso accumulato nella bella stagione. In questa fase la temperatura corporea raggiunge praticamente quella dell’ambiente circostante, il cuore rallenta e così il respiro. Disturbare un pipistrello in letargo può condannarlo a morte: il “risveglio” avviene bruciando grasso prezioso per sopravvivere durante l’inverno. Anche i siti in cui i pipistrelli si riproducono (non solo grotte, ma spesso edifici e anche cavità d’albero) non vanno alterati né disturbati, altrimenti c’è il rischio che la riproduzione non vada a buon fine e che le madri, spaventate, lascino cadere i piccoli al suolo condannandoli a morte certa. 

Cosa mette a rischio la sopravvivenza dei pipistrelli? Molti, purtroppo troppi fattori. Il disturbo, l’alterazione o la scomparsa di rifugi utili, anzitutto. Si va dal disturbo delle grotte alla loro trasformazione turistica, dalla ristrutturazione di edifici non rispettosa della presenza di pipistrelli alla rimozione dai boschi degli alberi morti, ancora oggi troppo spesso visti come una presenza dannosa nei boschi (sono, in realtà, degli straordinari “serbatoi di biodiversità” e andrebbero rispettati e protetti). Non poche specie di pipistrelli si rifugiano infatti proprio nelle cavità tipiche degli alberi morti o deperienti. A ciò si aggiunga l’inquinamento di laghi e corsi d’acqua presso cui i pipistrelli cacciano insetti, la distruzione della vegetazione riparia, la diffusione di pesticidi e la scomparsa dell’agricoltura tradizionale, un tempo alleata dei pipistrelli, sostituita con pratiche intensive che fanno sparire siepi, filari d’alberi, pozze, vecchi edifici rurali e muretti a secco. Infine, il colpo di grazia arriva dai succitati luoghi comuni, che presentano i pipistrelli come esseri malvagi anziché animali innocui e utilissimi all’uomo. Far capire al pubblico che questi animai meritano il nostro rispetto e vanno protetti diventa perciò più difficile.

Studiare i pipistrelli serve a garantire loro adeguata protezione e anche a valutare lo stato di salute dell’ambiente. Il Parco di Bracciano è un territorio ricco di pipistrelli, che figurano tra le specie nell’area protetta più importanti sotto il profilo naturalistico e conservazionistico. Il Parco ospita almeno 13 specie, tra cui diverse poco comuni, come la nottola di Leisler, il vespertilio di Natterer, il vespertilio maggiore, il rinolofo euriale, il rinolofo maggiore e il miniottero. Il Parco ospita inoltre il pipistrello pigmeo, specie descritta solo negli ultimi anni e strettamente legata alle zone umide.

Purtroppo neanche al Parco i pipistrelli sono al sicuro. Alcuni dei fattori di minaccia descritti sono tuttora in atto in siti-chiave per i chirotteri dell’area protetta. L’agenda del Parco per i prossimi anni dovrà senz’altro includere tra le priorità gestionali un aumento di attenzione e un’intensificazione degli sforzi compiuti per proteggere questi straordinari mammiferi risolvendo situazioni di conflitto con l’uomo e avvicinando il grande pubblico a queste creature. 

Exit mobile version