Il reperto è indubbiamente interessante, ma non è lo sferico partito da Parigi, essendo un aerostato “da piccolo cabotaggio”.
di Carlo Piola Caselli
Il pallone aerostatico che è conservato nel Museo di Vigna di Valle non è il pallone di Garnerin, lanciato in volo da Parigi dalla piazza antistante Notre Dame, sull’Île de la Cité, la sera del 16 dicembre 1804 ed arrivato il 17 all’imbrunire nelle acque del lago di Bracciano, e sarebbe andato oltre se non fosse stato frenato poiché impigliatosi in un albero di ontano a Vigna Campana.
La circonferenza del prezioso manufatto che è a Vigna di Valle, secondo i dati recentemente forniti dalla Soprintendenza, che ne ha curato il restauro, è di 22,70 metri, che equivarrebbe ad un globo sferico di circa 140 mc. e di un diametro di 6,40 m. circa. Invece, il pallone di Garnerin era di 3.000 mc., che equivalgono ad un diametro di circa 17,90 m.; inoltre, esso era completamente in seta, gommata, per offrire resistenza alla dispersione dell’idrogeno, e non in 4 spicchi di semplice seta alternata con altri 4 in cotone. Era talmente ben confezionato, con materiali di prim’ordine, che ha fatto un percorso notevole, in balia del vento.
Il reperto è indubbiamente interessante, ma non è lo sferico partito da Parigi, essendo un aerostato “da piccolo cabotaggio”. Prima ne avevo ventilato la perplessità, ora ne ho la certezza. Avendone solo un sospetto, potevo confidarlo a delle persone amiche, come avevo fatto, ma non potevo confutarlo pubblicamente agli addetti ai lavori, poiché mi mancavano le misure esatte, le quali sono state solo recentissimamente rese note.
Come avrei potuto esporre pubblicamente i miei dubbi, di fronte a pareri di persone che lo avevano avuto in mano, toccato, palpato, in tempi lontani, recenti e recentissimi? Già mi ero esposto a confutare una leggenda metropolitana connessa al “Ballon du Sacre”, con l’elzeviro Le frottole aeronautiche sulla par le comte de, t. III, Paris, 1823, «ha citato, come un vero prodigio, la singolarità del pallone, che, lanciato al suo Sacre, andò a cadere in poche ore nei dintorni di Roma, e a portare agli abitanti di questa grande città le notizie del loro sovrano [il Papa] e della cerimonia che era stata compiuta».
Ma chi si era schierato a ritenere che il manufatto uscito dalla floreria apostolica fosse il “Ballon du Sacre”, oltre a Timina Guasti ed a sua figlia Maria Fede Caproni, erano stati il marchese Giulio Sacchetti (Governatore della Città del Vaticano che ne aveva scritto in merito), lo stesso papa Paolo VI, che lo aveva donato all’Aeronautica Italiana, ufficializzando questo suo atto con una sua lettera, in segno di ringraziamento per l’organizzazione dei suoi voli apostolici, il caro amico il generale Giuseppe Pesce, che lo aveva avuto in consegna da Sua Santità, il colonello Giovanni De Lorenzo; antecedentemente erano stati l’erudito Pio Emmanuelli, nel 1925, lo storico e grande bibliofilo aeronautico Giuseppe Boffito, nel 1927, nel 1929 e poi nel 1934 sulla «Rivista Aeronautica» (ricordando che era stato portato a Milano all’Esposizione Internazionale nel 1906), il famoso Ceccarius (Giuseppe Ceccarelli) nel 1930. Ecco i miei “dubia” di allora, ossia il mio antecedente debol parere (come direbbe, riferendosi a quel tontolone di Renzo, il Manzoni, di cui quest’anno ricorre il 150° anniversario della morte), rispetto alla mia certezza di ora, esposti nel mio libro «Il “Ballon du Sacre” e l’inizio del diritto aeronautico», 2015, ricco di dettagli storici, acquisibile in internet:
– a p. 15, in nota, che le sommarie misurazioni, fatte dal marchese Giulio Sacchetti, apparissero quantomeno anomale, rispetto al colossale “Ballon du Sacre” lanciato a Parigi;
– a p. 108 avevo fedelmente colto al volo lo scetticismo sollevato, nel 1890, da Costantino Maes, direttore del resuscitato «Cracas», il quale chiedeva «si conserva ancora in Vaticano?», aggiungendo che se il Prefetto dei Sacri Palazzi si fosse degnato di dargliene notizia, non avrebbe mancato d’inserirla in un prossimo numero. Ma non aveva avuto alcuna risposta!
Già al ritorno di Pio VII nel 1805 i rapporti con Napoleone avevano incominciato ad appannarsi, per la questione delle Legazioni che il neoimperatore non gli aveva restituite, perché il Papa voleva essere “super partes” e non schierarsi unicamente con lui; leggasi, in proposito, La visite de Pie VII à la Malmaison in «Société des Amis de Malmaison. Bulletin», 1988, pp. 21-26, La visita di Pio VII alla Malmaison, e L’atto di contrizione di Napoleone, nella «Rivista Italiana di Studi Napoleonici», 1988 e 1990.
Nel frattempo, tantissimi anni fa, mi era capitato tra le mani, all’Archivio di Stato di Roma, il corposo fascicolo della causa intentata da Torlonia, sulla questione se il premio, relativamente a quel cimelio, fosse spettato ai pescatori anguillarini (del feudo del duca di Mondragone, i quali tanto baldanzosamente quanto astutamente erano corsi ad impossessarsene), od ai braccianesi, poiché aveva finito la sua corsa aerea a Vigna Campana (che faceva parte del suo feudo), però solo molti anni dopo, ossia nel 2015, mi ci sono potuto dedicare a sviscerarla.
Consiglio di continuare questa “caccia al tesoro” ma, considerati tutti i trambusti che il Vaticano ha avuto, dapprima con l’occupazione napoleonica di Roma nel 1808 e l’incorporazione dello Stato della Chiesa nell’impero francese, poi con il felice ritorno di Pio VII a Roma, quindi con il “restringimento” in Vaticano di Pio IX e della sua corte nel 1870, seguito dai lavori di Leone XIII nei Musei, dai dissidi pontifici del 1904 con la Francia per ripicca a causa della visita del presidente francese Loubet, ospite al Quirinale, invitato dalla regina Elena, e poi con i lavori di ristrutturazione del piccolo Stato da parte di Pio XI, compreso lo sprofondamento della biblioteca, chissà che fine ha fatto il fantastico “Ballon du Sacre”.