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La chiusura della sede Infermieristica di Bracciano: “decisione unilaterale e discutibile”

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La chiusura della sede universitaria Infermieristica di Bracciano: una decisione unilaterale e discutibile Valorizzare la formazione infermieristica significa investire nel futuro del Paese.

«Rilanciare il valore della formazione infermieristica in Italia significa riconoscerne il ruolo strategico: è un patrimonio
nazionale, parte integrante di quel Made in Italy che dobbiamo tutelare e promuovere a beneficio dell’intera
popolazione. Abbiamo bisogno di innovazione tecnologica, di modelli organizzativi e assistenziali avanzati, e di strumenti di welfare adeguati non solo alle esigenze dei cittadini, ma anche alle responsabilità crescenti delle professioni sanitarie.
Gli infermieri sono una risorsa fondamentale: valorizzare la nostra professione significa rafforzare il contributo
imprescindibile che possiamo, dobbiamo e vogliamo offrire al Paese».
Con queste parole, Barbara Mangiacavalli, Presidente della FNOPI (Federazione Nazionale Ordini delle Professioni
Infermieristiche), è intervenuta lo scorso 20 febbraio a Roma in occasione della Giornata Nazionale del Personale
Sanitario.
Alla luce di queste considerazioni, desta particolare preoccupazione la decisione, ormai imminente, della Direttrice
Generale della ASL Roma 4, Rosaria Marino – in carica da pochi mesi – di chiudere la sede universitaria di Bracciano,
accorpandola a quella di Civitavecchia. Una scelta assunta senza alcun confronto con le istituzioni locali, i docenti e gli studenti, che rischia di compromettere irrimediabilmente un percorso costruito in oltre vent’anni: un polo formativo d’eccellenza, motivo di prestigio per la ASL Roma 4 e punto di riferimento strategico per numerosi studenti, sia del territorio sia provenienti da fuori sede.
Le motivazioni sembrerebbero legate al costo dell’affitto dell’immobile e al calo degli iscritti legato alla scarsa attrattività della professione infermieristica tra i giovani, un fenomeno però diffuso in tutta Europa, se non a livello globale. Eppure, la sede di Bracciano continua a formare ogni anno un numero significativo di infermieri, in larga parte residenti nella zona e che supportano dal punto di vista assistenziale il fabbisogno di personale infermieristico sia delle strutture sanitarie private che pubbliche del territorio.Per molti di loro, il trasferimento a Civitavecchia – distante circa 50 chilometri e scarsamente servita dai mezzi pubblici – rappresenterebbe un ostacolo insostenibile.

Un danno anche alla formazione aziendale

La sede di Bracciano ospita anche il corso di laurea in Fisioterapia, che secondo il piano della Direzione Generale,
verrebbe spostato nell’Aula Bastianelli. Tuttavia, quest’ultima è una delle poche strutture dedicate alla formazione
aziendale e non dispone degli spazi adeguati per rispondere alle nuove esigenze e agli standard formativi che gli studenti necessitano.
La comunicazione formale di disdetta del contratto di locazione della sede di via Santa Lucia 22, con decorrenza entro
12 mesi a partire dal 6  di maggio, è già stata inviata. In tale sede si svolgono regolarmente, oltre alle attività universitarie, corsi di Educazione Continua in Medicina rivolti a tutto il personale, nonché riunioni operative e altre attività formative fondamentali per la vita aziendale. Nel comunicato non viene menzionata alcuna soluzione alternativa sul territorio.  Sottraendo sia l’Aula Bastianelli sia le aule formative di via Santa Lucia, dove intende la Direzione Generale organizzare
gli eventi formativi aziendali, da sempre uno dei punti di forza della nostra ASL?

Una scelta unilaterale che sacrifica istruzione e territorio

Oggi più che mai, dobbiamo porci una domanda cruciale: vogliamo davvero continuare a seguire una logica puramente
contabile, anteponendo interessi personali e politici, a scapito della formazione, del diritto allo studio e dell’efficienza
dell’assistenza sul territorio? Oppure non sarebbe più responsabile cercare soluzioni sostenibili, capaci di tutelare la
qualità dei servizi e garantire un futuro solido alla sanità locale?
La direttrice generale potrebbe giustificare la decisione unilaterale con l’esigenza di contenere i costi e affermando, erroneamente, che all’università operano 12 persone, considerate eccessive. Tuttavia, le è già stato chiarito – e sarebbe sufficiente un approfondimento – che in realtà gli operatori sono in totale 7, nello specifico: 3 tutor per i corsi di laurea in infermieristica (I, II e III anno), 2 per fisioterapia e 2 per la formazione aziendale. Una valutazione più attenta dovrebbe tener conto delle reali esigenze operative, delle conseguenze della decisione unilaterale e delle possibili alternative, come ci si aspetterebbe da una dirigenza responsabile. Resta da vedere se i sindacati e i rappresentanti istituzionali locali sapranno ascoltare e farsi interpreti delle necessità del territorio, spesso percepito come marginale rispetto ad altre aree.

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