Ne la “Pace difficile” l’ex ambasciatore ricostruisce il suo mandato diplomatico nella capitale della Federazione Russa.
Nei giorni nei quali si invoca la de-escalation in uno scenario internazionale che fa paventare la terza guerra mondiale, il conflitto russo-ucraino resta cruento. Al di là dello scambio di prigionieri, i negoziati non hanno finora portato ad una pace. Le posizioni appaiono cristallizzate, nonostante l’arrivo di Donald Trump alla presidenza Usa, nonostante le aperture del Vaticano con il nuovo papa Leone XIV.
E’ così che resta di estrema attualità il libro “La pace difficile, diari di un ambasciatore a Mosca” scritto da Giorgio Starace ed edito da Mauro Pagliai Editore.
Un racconto autobiografico che racconta i contatti diplomatici, del sempre solido rapporto di amicizia tra Italiani e Russi, di un’Unione Europea che sembra aver perso una propria identità, di una pace ancora difficile da raggiungere. Su questi ed altri temi abbiamo intervistato l’autore.
Ambasciatore Giorgio Starace anche dalla sua cronaca emerge un ruolo molto debole dell’Europa nella mediazione tra Ucraina e Federazione Russa. Quali secondo lei le ragioni di tale scarso ruolo dell’Unione?
Sono molteplici le ragioni.
L’aggressione della Russia all’Ucraina ha inevitabilmente amplificato i timori per la sicurezza di diversi Paesi più direttamente esposti ad una minaccia russa . Tutto il fianco nord orientale dell’Unione Europea composto da baltici, scandinavi e diversi Paesi dell’Europa orientale ha scelto l’opzione militare e il supporto dell’Ucraina, chiudendo a qualsiasi ipotesi di dialogo con la Russia per porre fine alle ostilità sulla base di proposte negoziali. L’amministrazione Biden e i governi alternatisi a Londra hanno incoraggiato queste posizioni e Putin, con la sua offensiva militare e i bombardamenti incessanti anche di città e comunità civili, non ha aiutato nel creare il clima ideale per un’urgente fase negoziale .
Ricordo i tentativi di Erdogan e il piano a 12 punti presentato dal Ministro degli Esteri cinese, liquidato in poco più di 48 ore dalle capitali occidentali. Posizioni precipitose, poco diplomatiche e irriguardose nei confronti di un autorevolissimo membro dei BRICS nonché membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Tutto questo ha inevitabilmente sbilanciato verso Nord gli equilibri in seno alla Commissione UE e la presidente Von Der Layen, in posizione distonica dall’amministrazione Trump, non ha modificato di una virgola le sue posizioni, anche perché i principali governi dell’Unione Europea non sembrano voler prendere atto (come lo stesso Putin) del fallimento dell’opzione militare e della necessità di presentare idee europee e sollecitare Mosca e Kiev ad un urgente tavolo negoziale.
Putin ha più volte indicato tra le ragioni del conflitto l’allargamento della Nato ad est. Il ruolo di una alleanza militare si è rilevato prevalente rispetto a quello delle Nazioni Unite. Cosa ha determinato questa situazione dal suo osservatorio di ambasciatore?
Putin ha radicalmente modificato il suo atteggiamento nei confronti dell’Occidente a partire dal discorso pronunciato nel 2007 in occasione della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Erano molteplici per i russi i segnali di rottura degli equilibri continentali faticosamente conseguiti con la Conferenza di Helsinki del 1975 e i molteplici round negoziali susseguitisi.
Dopo la caduta dell’URSS, il bombardamento NATO della Serbia nel 1999, i due successivi processi di allargamento della NATO ad Est (nel 1997 e nel 2004), la seconda guerra dell’Iraq e l’abbattimento di Saddam Hussein, tradizionale alleato di Mosca e poi l’attacco alla Libia e la fine di Gheddafi nel 2011 sono tutti episodi visti a Mosca come unilaterali violazioni degli equilibri nei rapporti tra la Russia e l’Occidente. Putin ha reagito con l’attacco alla Georgia nel 2008, l’uscita dal G8 (2013), l’annessione della Crimea ( 2014), l’intervento in Siria ( 2015 ) e quindi l’attacco all’Ucraina nel 2022. Tutte iniziative altrettanto unilaterali e conseguenze di un equilibrio ormai rotto.
Le sanzioni non si sono rivelate un deterrente efficace. Hanno di fatto danneggiato solo le aziende italiane. Siamo al diciottesimo pacchetto di sanzioni, a chi giova tutto ciò?
Giova alle economie di alcuni Paesi Brics (Cina e India in particolare) che in questi anni hanno potuto usufruire di ingenti forniture a basso costo di petrolio e di gas russo, agli USA che riforniscono l’Europa con gas trasportato via mare a costi alti, alla Turchia e ad alcuni Paesi dell’Asia centrale che triangolano in forniture commerciali tra Occidente e Russia.
Cosa le fa dichiarare come una farsa i referendum che si sono tenuti in Donbass a settembre 2022. Avete avuto osservatori sul campo?
Referendum svoltisi in fasi di tensione e di guerra necessariamente non possono essere considerati come espressione della serena volontà popolare.
Nel corso del suo mandato di ambasciatore ha conosciuto Ivanov che sedeva accanto a Colin Powell al G8 di Genova. Come si è arrivati all’isolamento della Russia?
E’ un processo graduale, frutto di errori e incomprensioni occidentali e della Russia. Il G8 è stata una stagione felice per l’Europa e i politici che ci hanno creduto in particolare negli USA, in Russia, in Italia, in Francia, in Germania, avevano visione.
Nel suo libro “La pace difficile” pochi sono gli accenni all’economia Brics che pure si sta consolidando. Cosa pensa al riguardo?
Penso che secondo dati del FMI dal 2005 al 2015 il GNP (prodotto nazionale lordo ndr) di India e Cina sono cresciuti rispettivamente del 77 e 74 per cento. Quello degli USA del 28 per cento mentre per le economie europee (Regno Unito, Francia , Italia e Germania ) siamo in valori che oscillano tra il 15 e il 10 per cento.
Questi valori ci devono far riflettere sul potenziale economico ma anche politico dei Brics nel mondo del futuro.
La questione della “deportazione” dei bambini. Se ne è occupato nel corso del suo mandato di ambasciatore? La Federazione Russa afferma che si tratta di bimbi rimasti senza famiglia e che sono in corso i rientri controllati. Al di là delle posizioni propagandistiche è possibile fare chiarezza al riguardo?
Avevo lasciato Mosca quando la questione si è posta. La Santa Sede, anche attraverso l’azione incessante del Cardinale Zuppi e del vescovo di Mosca mons. Pezzi si è spesa e si sta spendendo anche su questo tema così grave .
I Russi amano la cultura italiana. Cosa apprezzano di più del Bel Paese?
E’ difficile sintetizzare la portata della vicinanza del popolo russo con l’Italia. È’ una grande attrazione che viene dai secoli passati e che non è mai tramontata e che dobbiamo tenere viva anche in momenti difficili come questo.
Graziarosa Villani
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