Pantone pompeiano. E’ forse questo il concetto di sintesi espresso dall’editore del prestigioso catalogo il senso della mostra “Interno pompeiano” che inaugura oggi a Castel Sant’Angelo.
Una Pompei in buona parte inedita perché fotografata con apparecchiature di pregio durante il lockdown da un fotografo che ha vissuto letteralmente nella città distrutta dall’eruzione del 79 d.C. e che, senza turisti, ne ha potuto assaporare la vera essenza vivendola di giorno e di notte, col Sole e con la pioggia.
Il lavoro compiuto da Luigi Spina è decisamente straordinario anche per la qualità della carta – tedesca – sulla quale
Per Spina è stata una esperienza unica. Il fotografo ha raccontato di aver avuto un senso di smarrimento e di aver girato in una Pompei deserta con la mappa in mano.
Il progetto che ha permesso al fotografo di indagare gli interni di oltre centoventi domus a Pompei, nasce durante la chiusura al pubblico del Parco Archeologico di Pompei. Oltre 1.450 scatti confluiti in primo luogo per nel progetto editoriale Interno Pompeiano di 5 Continents Editions, un libro di quasi 300 fotografie a colori in grande formato, con saggi, oltre che dello stesso Spina, di Massimo Osanna, Gabriel Zuchtriegel, Carlo Rescigno e Giuseppe Scarpati.
La mostra “Interno pompeiano”, fino al 16 giugno 2024, è realizzata dalla Direzione Musei statali di Roma – guidata dal Direttore generale Massimo Osanna – in collaborazione con la Direzione generale Musei e il Parco Archeologico di Pompei.
Attraverso 60 fotografie a colori di grande formato, stampate su carta fine art, la mostra racconta la condizione unica che ha consentito a Spina di “abitare” Pompei e “vivere” nelle sue case.
«Pompei è stata raccontata, rappresentata, narrata milioni di volte, eppure – ha commentato Osanna – continua sempre ad offrire nuove angolazioni e punti di vista: questa mostra, in particolare, è un esempio di come, attraverso l’uso della fotografia, sia possibile ritrarre le domus pompeiane in un modo inedito, creando un’atmosfera di magia e rara suggestione. Si tratta di un’esposizione di grande impatto”.
Con una fotocamera Hasselblad H6D-100c con le ottiche, senza l’ausilio di alcuna luce artificiale, immerso in una Pompei deserta e silenziosa, Spina ha catturato gli spazi nature. La ricerca del fotografo si è soffermata su colonne intonacate, scorci inconsueti e prospettive che includono il paesaggio circostante. Osservando da vicino i mosaici, percorrendo peristili, riscoprendo ogni particolare delle pitture parietali, Spina ha selezionato sessanta interni: fotografie dove le domus riemergono in una visione inedita, in un equilibrio che restituisce da una parte la dimensione della presenza umana, dall’altra la vastità dell’Impero romano, rievocando allo stesso tempo l’antica tragedia di Pompei.
Nei suoi scatti le case riprendono vita – come la Casa di Marco Lucrezio su Via Stabiana, quella del Poeta Tragico col celeberrimo mosaico “cave canem”, e la Casa di Orione dal poliedrico mosaico da cui prende il nome e ne narra il mito – nelle loro incomparabili tonalità di rosso sinopsis, giallo tenue, verde delicato e azzurro polveroso. I pavimenti a mosaico, con motivi decorativi e pietre preziose, risaltano accanto ai dipinti murali dai paesaggi paradisiaci e scene di vita quotidiana. Gli interni fanno mostra del loro splendore, in un insieme dove architettura e pittura diventano simbolo del culto dell’abitare dimore perfette.
La mostra ha come obiettivo quello di presentare al pubblico una nuova estetica visiva della città romana e dei suoi monumenti, seguendo la via della luce e del trascorrere del tempo.
Graziarosa Villani
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