Si riportano alcuni stralci del provvedimento del Consiglio di Stato dopo il ricorso sulla vicenda dell’acquisizione al patrimonio comunale del Campo delle Rose, il terreno già sede dei raduni dei seguaci della presunta veggente Gisella Cardia.
“Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente ORDINANZA sul ricorso numero di registro generale 6087 del 2024, proposto da:
-OMISSIS- in proprio e quale presidente dell’associazione “La Madonna di Trevignano Romano” Ets-Onlus, rappresentati e difesi dall’avvocato Adriano Tortora
contro
Comune di Trevignano Romano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluigi Pellegrino
per la riforma
dell’ordinanza cautelare del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Quater, n. -OMISSIS- resa tra le parti;
Visto l’art. 62 cod. proc. amm.;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Trevignano Romano;
Vista l’impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;
Rilevato che le opere contestate con il provvedimento impugnato in primo grado ( 2 Croci in legno alte circa 2 metri, con una avente anche il Cristo; 13 statuine raffiguranti la passione di Cristo alte circa 60 centimetri; 2 inginocchiatoi in marmo; 1 altare in marmo; 11 lampioni poggiati sul terreno ed alimentati con pannello solare; 3 ombrelloni chiusi in telo verde; 1 cisterna posta a terra per accumulo d’acqua in materiale plastico autoricaricabile; 1 capanna in legno con all’interno materiale religioso; piante in plastica per alloggiamento ombrelloni; – un numero non precisato di sedie in plastica poggiate su una pedana in legno; – deposito di materiale vario coperto da telo in plastica verde), unitariamente e complessivamente valutate, sono tali da plausibilmente ipotizzare un significativo incremento del carico urbanistico in area agricola derivante dalla presenza di un cospicuo numero di persone ogni volta che vengono organizzate le manifestazioni di culto (per stessa ammissione di parte appellante il 3 di ogni mese), in ciò realizzandosi il non autorizzato mutamento di destinazione d’uso dell’area per cui è causa (da area agricola ad area destinata ad attività di culto) riscontrato dal Comune;
Considerato, infatti, che secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. ordinanza della Sez. VI, 24 gennaio 2020, n. 238) “… si è da tempo raggiunto un punto di equilibrio fra i diversi interessi e valori implicati in tali vicende; ad es. sì è ritenuto che la sola trasformazione di un capannone, ubicato in zona destinata dagli strumenti di pianificazione urbanistica all’attività produttiva-artigianale, in luogo di culto islamico non legittima l’adozione da parte del comune di un’ordinanza di chiusura dell’immobile e di ripristino dello stato dei luoghi: il mutamento di destinazione d’uso non autorizzato, attuato senza opere, comporta una cosiddetta variazione essenziale sanzionabile soltanto se ed in quanto comportante una variazione dei carichi urbanistici, ritenuta sussistente nel caso di afflusso (anche potenziale) generalizzato e periodico di una moltitudine di persone per ragioni di culto come ritenuto dal giudice di prime cure nell’ordinanza impugnata; in caso contrario, in difetto della realizzazione di alcuna opera edilizia e di alcuna trasformazione rilevante, il mutamento d’uso costituisce espressione della facoltà di godimento, quale concreta proiezione dello ius utenti, spettante al proprietario (nella specie è stata confermata la decisione di primo grado di annullamento dell’ordinanza comunale assunta sulla base di soltanto due verbali di accertamento della transeunte e contingente presenza di un numero di persone all’interno del manufatto maggiore rispetto al numero complessivo degli aderenti all’associazione che conduce in locazione il capannone, senza alcuna dimostrazione della incompatibilità del mutamento di destinazione con la zonizzazione dell’area di insediamento); …”;
Rilevato che nel caso di specie è comunque lo stesso appellante ad ammettere che il 3 di ogni mese vi è un rilevante afflusso di fedeli (“miriade di persone”), dando evidentemente così luogo a un mutamento del carico urbanistico, per esempio con produzione di effetti sulla circolazione stradale imputabili all’associazione ricorrente in modo effettivo e concreto e non solo potenziale;
Rilevato, altresì, che, laddove le opere de quibus fossero così facilmente amovibili come sostiene il -OMISSIS-a pag. 13 dell’atto di appello, non sarebbe dato comprendere l’interesse sotteso al presente appello cautelare proposto avverso un’ordinanza di demolizione e di rimozione di dette opere;
Ritenuto, pertanto, di respingere l’appello cautelare in considerazione del difetto del presupposto cautelare del fumus boni iuris;
Ritenuto che sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese della presente fase cautelare;
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, respinge l’appello cautelare (Ricorso numero: 6087/2024).
Compensa le spese della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’amministrazione ed è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 agosto 2024 con l’intervento dei magistrati.