Per antica tradizione, il mese di maggio viene vissuto con intensa devozione alla Madonna nella diocesi di Civita Castellana con 28 chiese parrocchiali intitolate alla Madonna, tra cui la Cattedrale, le 4 Concattedrali di Nepi, Sutri, Orte e Gallese, il Santuario di Castel Sant’Elia, con il titolo Madonna “ad rupes”, a cui la diocesi affida le preoccupazioni, le sofferenze dei malati, le famiglie, i giovani perché crescano in generosità e nella verità, i nuovi poveri, gli emarginati, affinché allontani da noi ogni inquietudine, donando la gioia di amare.
Nel lungo solco della tradizione mariana, puntualmente, la seconda domenica di maggio, la diocesi era invitata dal Vescovo monsignor Romano Rossi, al pellegrinaggio diocesano al Santuario di Castel Sant’Elia, dedicato alla Madonna “ad Rupes”, Patrona della Diocesi. Quest’anno, 10 maggio, alle ore 17.00 sarà trasmessa dal Santuario, una concelebrazione Eucaristica del vescovo, con i sei vicari foranei, in rappresentanza dei fedeli, per chiedere la protezione di Maria in questo tempo di necessità.
Alcune informazioni sul Santuario:
La facciata della Grotta della Madonna e la Casa del Custode sono l’opera del P. Doebbing. Lo stemma papale sopra l’ingresso ricorda che anche essa è ”Basilica Minore”. Sopra la Grotta si trova l’eremitaggio di S. Anastasio Abate, con tre cellette, dove abitò il Santo dopo aver abbandonato l’incarico nella Curia Romana. Più in alto sono ben visibili le finestre scavate dal Rodio per dare la luce alla Scala.
Sulla parete della Casa del Custode la maiolica di A. De Rhoden rappresenta il miracolo delle stimmate di S. Francesco.
Dalla piazzetta partono due vie: una che discende alla Basilica di S. Elia chiamata la “Via dei Santi” e l’altra che attraverso la Casa del Custode riporta all’ingresso della Scala del Rodio, chiamata “Via Panoramica” perché su un percorso di 250 metri mostra ai visitatori tutta la bellezza della Valle Suppentonia.
Le origini della Grotta risalgono al VI secolo: fu questo il luogo dove i monaci benedettini, conformemente alla loro Regola, rendevano culto alla Madonna e si ritiravano per la preghiera. Durante l’invasione dei Saraceni (VII sec.) qui nascondevano le reliquie dei loro Santi.
Originariamente non si distingueva da tante altre grotte della Valle Suppentonia. Fu il Rodio che la sistemò e scavò nel suo interno una piccola cella come propria abitazione. Poi il P. Doebbing, nel 1898, la restaurò completamente e la ampliò di un lato per costruirvi un altare in onore di S. Benedetto Labre, portandola all’aspetto odierno.