In occasione della tappa nel Lazio della Goletta dei Laghi 2020, Legambiente presenta il Dossier “Laghi di plastica” con i dati delle microplastiche nei laghi, secondo i prelievi effettuati nei laghi di Bracciano, Fondi, Sabaudia e Scandarello.
Proprio nell’edizione del 2019 di Goletta dei Laghi, è avvenuta la campagna di rilevamento durante la quale sono stati effettuati campionamenti volti a rilevare la presenza delle microplastiche complessivamente in 13 laghi italiani. I campioni, prelevati dai tecnici di Legambiente sono stati poi analizzati dai ricercatori ENEA nei laboratori di Casaccia (Roma).
“Microplastiche in ciascun lago tra quelli monitorati nella nostra Regione, – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio – nei Laghi di Bracciano e Fondi, i risultati più preoccupanti con concentrazioni medie intorno alle 400mila particelle per chilometro quadrato, oltre ottantamila nel lago di Sabaudia e più di settemila anche nel Lago Scandarello. La presenza di microplastiche è causata inequivocabilmente dall’attività antropica circostante e dall’abbandono dei rifiuti nell’areale degli ecosistemi lacustri. Per affrontare quella che può essere una condizione di pericolo per gli ecosistemi a partire dalla fauna ittica, c’è bisogno di continuare incessantemente con la ricerca, di frenare l’abbandono incivile dei rifiuti con un’attenzione particolare alla plastica monouso, di rendere efficace un ciclo dei rifiuti che troppo spesso lascia spazio a mancata raccolta e a rovinose condizioni territoriali, di lavorare bene con percorsi di riqualificazione ambientale a partire dai contratti di Lago e di garantire la massima tutela degli ecosistemi, dando più forza e possibilità di intervento ai Parchi e alla rete Natura 2000, ove ricadono tutti i tanti laghi della nostra Regione”.
I risultati delle analisi sulle microplastiche nei quattro Laghi del Lazio campionati
Lago di Bracciano
Il grande lago vulcanico di Bracciano, è stato negli anni quello con il maggior numero di campagne di campionamento per analisi delle microplastiche nell’ambito di Goletta dei Laghi, e fa parte inoltre della rete del progetto LIFE Blue Lakes in Italia insieme agli altri laghi pilota Trasimeno e Garda. Nel 2019 nel lago di Bracciano sono stati prelevati 12 campioni in 10 aree del lago (2 punti con replica). La media rilevata è pari a 392.401 particelle per chilometro quadrato di superficie. Sul Lago nel 2019 è stato effettuato anche il campionamento in colonna d’acqua per stimare la presenza di microplastiche fino a 50 m di profondità: per Bracciano è stato rilevato un dato medio di 0,76 particelle per metro cubo di acqua filtrata. Già nel 2017 la media di particelle registrate è stata di 117.288 per chilometro quadrato, mentre 78.265 particelle nel 2018. Dati indicativi di come non possiamo ancora stabilire un aumento
Lago di Sabaudia
Nel lago di Sabaudia, lago costiero della cittadina sul litorale pontino e conosciuto anche come Lago di Paola, si affaccia l’intera città, tutta l’area turistico-balneare e le sue acque provengono dai Monti Lepini ed attraversano un territorio pieno di attività antropiche legate in particolar modo al settore agro-silvo-pastorale. Sul Lago di Sabaudia sono stati prelevati 4 campioni in 2 aree del lago (2 punti con replica). La media rilevata è pari a 83.437 particelle per chilometro quadrato di superficie.
Lago di Fondi
Il lago di Fondi si trova nel territorio dell’omonimo comune in provincia di Latina, con alcune parti nel comune di Monte San Biagio (LT). Sulle sue sponde insistono importanti attività agricole e l’acqua che l’alimenta proviene dalla catena dei Monti Lepini, attraversa la città di Fondi e i comuni nella piana circostante ed è convogliata nei canali di bonifica che portano al lago. Sono stati prelevati 2 campioni. La media rilevata è pari a 446.397 particelle per chilometro quadrato di superficie.
Lago Scandarello
Il Lago Scandarello è un piccolo specchio d’acqua artificiale di montagna, creato nel 1924 per esigenze idroelettriche, e si trova ad Amatrice (RI); nel suo areale non ci sono attività antropiche d’impatto. Qui sono stati prelevati 2 campioni. La media rilevata è pari a 7.577 particelle per chilometro quadrato di superficie.
Lago di Bracciano 392.401 particelle per chilometro quadrato
0,76 particelle per metro cubo di acqua filtrata (analisi in colonna d’acqua)
Lago di Fondi 446.397 particelle per chilometro quadrato
Lago di Sabaudia 83.437 particelle per chilometro quadrato
Lago Scandarello 7.577 particelle per chilometro quadrato
Contesto
Un inquinante ubiquitario causato dalle attività umane, difficile da quantificare e impossibile da rimuovere completamente. Le microplastiche rappresentano oggi un vero e proprio contaminante emergente. Ma cosa sono, che problemi causano e cosa possiamo fare per contrastare questo inquinamento?
Partiamo dalla loro definizione: con il temine microplastiche ci si riferisce a frammenti o particelle di plastica con dimensione minore di 5 millimetri. Vengono comunemente classificate in due tipologie, in base alla loro origine. Le microplastiche definite primarie vengono rilasciate nell’ambiente direttamente sotto forma di piccole particelle, e rappresentano tra il 15 e il 31% di quelle presenti nell’oceano. Secondo uno dei rapporti commissionati dalla Commissione Europea, i quantitativi maggiori di microplastiche provengono dall’abrasione degli pneumatici (da 25mila a quasi 60 mila tonnellate all’anno) e dalla perdita di microsfere di plastica vergine (da 24mila a quasi 50mila tonnellate annue). Dai tessuti arrivano dalle 7mila a circa 50 mila fibre sintetiche, mentre dai cosmetici dalle 2mila a circa 9mila tonnellate all’anno. Le microplastiche secondarie, invece, rappresentano tra il 68 e l’81% di quelle presenti nell’oceano, e derivano dalla disgregazione dei rifiuti in plastica di più grandi dimensioni abbandonati nell’ambiente a causa, principalmente, della fotodegradazione e dell’azione meccanica.
Le prime evidenze scientifiche della loro presenza in ambiente marino sono dei primi anni 70, ma adesso, grazie ai numerosi studi che si stanno portando avanti per conoscere l’entità della contaminazione nei nostri mari e soprattutto quali conseguenze possano avere nelle specie marine, sta diventando un problema noto anche al più ampio pubblico. La prospettiva che tale inquinamento possa arrivare nei nostri piatti fa di certo aumentare l’attenzione sul tema, ma questa problematica è ancora aperta.
Quali sono gli impatti nell’ambiente marino
Gli effetti della presenza di microparticelle di plastica nei sistemi acquatici sono ancora in fase di studio ma abbastanza preoccupanti perché il rapporto Frontiers 2016 dell’UNEP inserisca l’inquinamento da microplastiche tra le sei emergenze a livello mondiale che minacciano l’ambiente.
Vista la loro dimensione minima queste particelle entrano facilmente in contatto con gli organismi marini attraverso le branchie, l’ingestione o gli apparati filtratori. Le microplastiche sono inoltre vettori per sostanze tossiche (quali additivi e composti tossici persistenti) che vengono trasportate all’interno degli organismi stessi. La plastica infatti, durante la produzione industriale, viene spesso additivata con solventi, diluenti, stabilizzanti, agenti ignifughi e plastificanti tra cui ftalati e idrocarburi policiclici aromatici e ritardanti di fiamma. Alcune di queste sostanze, possono comportarsi, una volta penetrate nell’organismo, da distruttori endocrini, interferendo con le funzioni ormonali fisiologiche. Oltre a questo è necessario considerare che una volta in mare, la plastica si comporta come una spugna con una elevata capacità di assorbimento delle sostanze inquinanti già presenti in acqua e, come dimostrato negli ultimi studi, essa viene colonizzata da microorganismi, anche potenzialmente patogeni.
I rischi per l’uomo
Ma se l’impatto delle microplastiche, e in generale dei rifiuti dispersi in mare, sugli organismi marini è alto e ben documentato, quello legato al trasferimento dei detriti plastici dallo stomaco dei pesci ad altri tessuti, e di conseguenza nell’essere umano, è ancora da chiarire. Come già dichiarato dalla Fao, non ci sono ad oggi evidenze scientifiche di effetti negativi legati al rischio di assunzione di specie ittiche che hanno ingerito plastica.
La maggior parte degli studi condotti finora, ha indagato la presenza di microplastiche nei soli contenuti stomacali. I tratti gastrointestinali di molte specie commestibili vengono eliminati prima del loro consumo e l’assorbimento di microplastiche da molluschi e piccoli filtratori non è paragonabile all’esposizione di microplastiche proveniente da altre fonti. Per valutare gli effetti negativi dovuti al trasferimento di microplastiche nelle specie marine e, di conseguenza, il potenziale trasferimento sull’uomo è necessario analizzare anche altre componenti, come campioni ematici e soprattutto tessuti muscolari. Sono questi ultimi, infatti, che potrebbero concentrare gli inquinanti trasportati dalle microplastiche e che vengono prevalentemente assunti dalla specie umana. Questa problematica però ancora non ha una definitiva risposta scientifica.
Le microplastiche nelle acque interne
Le microplastiche rappresentano oggi un vero e proprio contaminante emergente, un inquinante ubiquitario, di difficile quantificazione e impossibile da rimuovere totalmente. Per comprendere il rischio ambientale associato alla loro presenza sono però necessari ulteriori dati di abbondanza, sulle fonti, su come migrano da un ambiente all’altro e sugli effetti biologici, soprattutto negli ecosistemi acquatici interni.
Legambiente, con la sua campagna Goletta dei Laghi e in collaborazione con Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), dal 2016 sta portando avanti uno studio sulla presenza di microparticelle di plastica nei principali laghi e nei fiumi italiani. Uno studio esteso e unico, che ha provato la presenza di microplastiche in tutti i campioni analizzati e ha messo in evidenza il forte contributo degli scarichi urbani non adeguatamente depurati.
Sono numeri che nella migliore tradizione dell’ambientalismo scientifico servono a conoscere il problema, raccontarlo, aumentare la consapevolezza delle persone e trovare soluzioni praticabili coinvolgendo soggetti pubblici e privati, organizzazioni ambientaliste, società civile e istituzioni.
La variabilità dei dati è legata a quella delle condizioni ambientali e meteorologiche al momento del campionamento e alla scelta dei punti di prelievo. Ad oggi non esiste ancora un protocollo ufficiale e condiviso per il campionamento e l’analisi delle microplastiche nelle acque interne, una carenza a cui Legambiente ed Enea proveranno a dare un contributo con l’aiuto degli altri partner che partecipano al nuovo progetto Life Blue Lakes, nato proprio da questa esperienza.
I dati sulla presenza e la diffusione delle microplastiche negli ecosistemi delle acque interne raccolti in questi anni consentono di migliorare e approfondire la conoscenza di un fenomeno sempre più diffuso, ma per il quale non esiste ancora una standardizzazione a livello internazionale dei metodi di monitoraggio. L’esperienza maturata ad oggi evidenzia la necessità di avviare campagne stagionali di raccolta secondo un protocollo condiviso di campionamento e metodi di analisi. In questo modo sarà possibile raccogliere e condividere dati utili per la valutazione e gestione del fenomeno delle microplastiche nei bacini lacustri e nella complessa dinamica terra-mare.
E’ importante, infine, che si estenda anche per laghi e fiumi, il ruolo di indicatori della qualità delle acque alle particelle di plastica (nell’ambito dei monitoraggi effettuati per la direttiva Quadro sulle Acque, 2000/60), così come già avviene per i mari grazie alla direttiva Marine Strategy del 2008. Una lacuna che deve essere necessariamente colmata, visto il crescente inquinamento da plastica e la contaminazione di tutti gli ecosistemi acquatici.