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Giuseppe Fantauzzi: se la poesia sgorga

Giuseppe Fantauzzi

Il 13 ottobre alla Porta del Parco di Anguillara non si trova un posto per parcheggiare. E’ un venerdì anonimo di primo autunno ma in tanti non sono voluti mancare ad un appuntamento letterario. Il protagonista non è una firma nota ma se in tanti sono venuti ad ascoltarlo deve essere una persona stimata ed apprezzata, degna di amicizia e considerazione. Oltretutto la grande partecipazione va in controtendenza. Non si parla né di politica, né delle tante problematiche locali. Ma di poesia. Parole che sgorgano dall’anima. E tutti possono scoprire così che nel cuore e nell’anima di un tecnico alberga una poetica sincera che si interroga – come fa sempre la poesia – sul passato, sul presente, sul futuro. Ammicca al sentimento e alla nostalgia. Giuseppe Fantauzzi, il protagonista, siede a sinistra. Al centro il professor Giuseppe Manitta de Il Convivio Editore con sede a Castiglione di Sicilia. A fianco il professor Mario Sasso, autore, in questo caso, della prefazione del libro. Sul palco Marco Recchia suona il pianoforte e subito dopo versi vengono letti ed interpretati dall’attore Fabrizio Catarci. Sulla platea attenta si stagliano due manichini. Uno è vestito con la tipica divisa di chi ha fatto parte di una delle spedizioni in Antartide. L’altro è un mantello nero che richiama altri tempi. Sapremo poi che era appartenuto al padre di Giuseppe. 

Lo sguardo di Giuseppe Fantauzzi è come quello che compare nella copertina del libro. Ancora una volta gli occhi sembrano chiedersi come recita il libro “Guardarsi dentro…per scoprirsi fuori”. Si intuisce che è stato grande lo sforzo per Giuseppe tirare fuori quanto covava nel suo intimo. Quei versi, a tratti gentili, a tratti nostalgici, a tratti bucolici che in un momento della sua vita devono essere passati nella sua mente fino a finire su un foglio di carta e quindi, con il placet di un editore, in un libro. Leggendo le rime si scopre l’inquietudine di una persona. Mario Sasso, nello scrivere la prefazione, ha esaminato con attenzione la serie di composizioni che compongono il libro. E la sua considerazione sembra calzare appieno indicando le ragioni per le quali si scrive poesia. “Come la corrente di un fiume che – scrive Sasso – serpeggia per lunghi tratti nelle profondità carsiche finisce per sbucare impetuosa in superficie…così il sentimento poetico non può trattenersi nell’intimo della persona ma ha bisogno di scaturire in versi fluenti con un carico di emozioni”. 

Ognuno, leggendo la poesia di Fantauzzi saprà riconoscersi nell’una o nell’altra composizione. In alcune fa capolino il fanciullo. Ne “La partita” Giuseppe Fantauzzi scrive: Colpo d’esterno, calcio di punta/ tiro di collo ed anche di piatto/ gira la palla che ovunque spunta/ c’è un grido di folla agitato e compatto./ Sbraccia qualcuno dalla panchina/ per quel sospetto e brutto contatto/ urla una mamma dalla tribuna/ sventola l’arbitro la bandierina./  Così ne “Il rotolo di fieno”: “…Tu sei la primavera/ speranza della sera/ certezza del villano/ scoperta dell’urbano. Più intimista la poesia “A mio padre”: Il mantello nero e bordò (bordeaux nda) gli arrivava alle caviglie/…”. 

Ma Fantauzzi oltre che un poeta, timido ed introverso, si rileva anche un valente prosatore. Il suo racconto autobiografico sulla navigazione sull’Italica in direzione Antartide è avvincente ed evoca nel lettore, quelle leggendarie terre lontane e quella Croce del Sud che, a mondo invertito, è la nostra stella polare. Tutti cercando “un centro di gravità permanente”.  

Graziarosa Villani

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