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Giurato Numero 2 di Clint Eastwood. La giustizia è bendata

Eastwood

Bisogna solo inchinarsi dinanzi ad un regista di 94 anni così lucido, incisivo, motivato ed appassionato come mostra di essere Clint Eastwood in “Giurato Numero 2”, dal 14 novembre nelle sale cinematografiche distribuito da Warner Bros Italia.
Ogni volta, dopo “Il corriere – The Mule” (2018), “Richard Jewell” (2019) e “Cry Macho – Ritorno a casa” (2021) ci siamo domandati se ognuno di questi film potesse rappresentare il ‘canto del cigno’ per l’uomo senza nome della Trilogia del Dollaro, ed ogni volta siamo stati puntualmente smentiti, per cui non ci rimane altro da fare, dopo aver visto “Giurato Numero 2”, che augurarci invece di vederlo nuovamente dietro la macchina da presa.

Clint Eastwood, con “Giurato Numero 2”, in cui a differenza del precedente “Cry Macho” non è protagonista, è arrivato al quarantaduesimo film in veste di regista e, nella linearità del plot narrativo, ci mette dinanzi ad un dilemma etico e morale di grande valore sociale, soprattutto per il ‘progredito’ e democratico – almeno a parole – popolo statunitense.

Clint, nel suo percorso cinematografico che si è andato delineando da almeno una ventina di anni, continua a cercare la verità, e in questo caso togliendosi la benda che metaforicamente potrebbe occludergli la vista, dirige un’esemplare ode al ragionevole dubbio, in un mondo dove la verità sembra non appartenere (e soprattutto interessare) più a qualcuno.

L’ambientazione è calata in una cittadina della Georgia, Savannah (la stessa di “Mezzanotte nel giardino del bene e del male” del 1997) ed il nostro protagonista è un giornalista freelance, Justin Kemp – interpretato da un ottimo Nicholas Hoult – con un passato da ex-alcolista oramai gettato alle spalle. Come abitualmente avviene nel sistema giudiziario americano gli viene chiesto di fare il giurato in un processo apparentemente scontato in cui James Sythe, un rinomato spacciatore del posto, è imputato di aver ucciso la fidanzata Kendall Carter (interpretata da Francesca Eastwood, figlia trentunenne di Clint) fracassandole la testa dopo un litigio, avvenuto in pubblico in un locale (sotto gli occhi di molti testimoni), e gettandola poi giù da un ponte.

Justin, il giurato numero 2 (secondo una procedura del sistema giudiziario americano – ampiamente illustrata in molti film ma qui esemplificata al meglio – ovvero la rigorosa selezione dei dodici membri della giuria popolare), mano mano che le fasi del procedimento vanno avanti realizza d’essere implicato in maniera determinante nei fatti accaduti un anno prima, in piena notte e nel bel mezzo di un temporale, su quella strada dove aveva pensato di aver investito un cervo. Assecondando l’originalità dello script di Jonathan Abrams l’uomo, il marito perfetto prossimo a diventare papà ma con qualche antico scheletro nell’armadio (un passato da alcolista redento), si scopre involontario responsabile dell’accaduto ma, in veste di giurato, si ritrova dinanzi a un dilemma morale: confessare la sua colpa, scagionando l’imputato, o sottrarsi alla giustizia, facendo condannare un innocente?

Lo schema immediatamente riconoscibile del film è quello del ‘court room drama’, che ad un certo punto (ma solo per un breve segmento narrativo) rimanda senza dubbio alcuno al celebre “La parola ai giurati” di Sidney Lumet, del 1957, in cui Henry Fonda provava a far cambiare idea agli altri undici giurati come lui, convinti della colpevolezza del giovane sotto accusa.

Justin, roso dalla colpa, guadagna tempo e prova a convincere chi vuole soltanto chiudere rapidamente il procedimento con un giudizio di colpevolezza per l’indiziato numero 1. Si tratta di un legal-thriller coerente e nitido, che fin dalla parte iniziale del racconto mette in chiaro come sono disposte le pedine sulla scacchiera: dal pubblico ministero, un procuratore della contea in piena campagna elettorale , all’avvocato della difesa, dal protagonista improvviso ai componenti della giuria, dalla moglie incinta all’accusato a figure di contorno, asciutte, semplificate ma essenziali nella dinamica della vicenda raccontata.

La vera sfida, quella che nobilita il lavoro di Eastwood, si consuma sul piano sempre crescente, e complesso, del significato morale di “Giurato Numero 2” che, senza l’ausilio di trucchi ed effetti, coinvolge non solo i personaggi sullo schermo ma – direi – l’intera nazione ‘a stelle e strisce’ e non solo quella, poiché assume valori per molti versi ‘universali’: chiama lo spettatore a porsi qualche domanda nei confronti della giustizia quale dea bendata armata di spada in una mano e bilancia nell’altra così come si è consolidata nell’immaginario collettivo a simbolo di imparzialità. Tant’è che l’immagine mitologica di Themis, figlia di Urano (il cielo) e di Gea (la terra) e sposa di Zeus viene sinteticamente e metaforicamente riproposta quando – quasi subito in avvio del racconto – vediamo la moglie incinta di Justin, con gli occhi coperti da un foulard, che viene guidata dal marito mentre procede a tentoni verso la stanza predisposta per il figlio prossimo nascituro.

Il regista gioca abilmente di rimando con il tema tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile, tra quello che è ‘evidente e quello che non lo è; sta qui la profondità e la bellezza del film: pensate alla sposa bendata, al protagonista offuscato dal temporale, dal testimone che non ricorda bene le distanze, dal pubblico ministero ‘accecato’ dalla carriera All’avvocato d’ufficio (Chris Messina)… Ci sono cose che i personaggi non vedono o non vogliono vedere. Eastwood ce lo mostra con evidenza e si domanda (e domanda a tutti noi), più in generale, come può una società così evoluta trascurare questo bisogno democratico primario, laddove la legge e l’etica rappresentano ideali irrilevanti: un dilemma morale degno di Fëdor Dostoevskij. Clint svela la fragilità del sistema legale americano, soprattutto quando i pregiudizi prevalgono sulle prove concrete, e mette in evidenza pure l’antica pecca di accontentarsi delle spiegazioni più comode e immediate.

Il regista, che in passato non ha mai negato le sue simpatie (repubblicane) ma nell’ultimo trentennio si è espresso anche essere un liberale illuminato, ha lanciato il suo monito proprio in prossimità delle votazioni per l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Ebbene dovete sapere che “Giurato Numero 2”, dramma complesso e avvincente, quasi kafkiano, in bilico tra giustizia e verità, egoismo e umanità, è uscito in sordina nelle sale americane lo scorso 1° novembre ed è stato programmato in poco più di una trentina di sale alla vigilia delle elezioni; segno palese che il vecchio Clint interessa ben poco il pubblico della sua nazione d’origine (oppure che è stato bocciano dalla distribuzione per le sue idee politiche, sempre critiche nei confronti del sistema) e invece gode di maggiore considerazione e affetto in questa nostra vecchia (e decadente) Europa.

La procuratrice della contea, e pubblico ministero del processo, Faith Killebrew (interpretata da Toni Collette), è donna ambiziosa e in procinto d’essere eletta per scalare gli alti gradi della magistratura, è convinta – con quell’approssimazione che sovente accompagna l’uso personalistico del potere e della Giustizia – di avere ben chiaro in mente come si siano svolti i fatti, ma un sussulto (quasi improvviso) di correttezza la spingerà a nutrire un ragionevole dubbio. Ma esiste un ulteriore, sottile, livello di lettura di cui ci rende edotti Eastwood attraverso una scena apparentemente innocua ma profondamente significativa ed è quando Justin, al principio del film, sta conversando tra le mura domestiche con la moglie; lei si allontana e con un gesto innocuo spegne inavvertitamente la luce del soggiorno lasciandolo d’improvviso al buio. Ebbene quella disfunzione delle istituzioni americane di cui abbiamo parlato, che porta alla menzogna, si riverbera su un’altra forma di istituzione, quella della famiglia americana, il pilastro del sistema ‘a stelle e strisce’ rassicurante e ideale, così il ‘buon cittadino americano’, l’inappuntabile cittadino americano, precipita nell’oscurità morale dettata – se volete – dal capitalismo e dall’America. Perché di fatto Justin decide che la prima cosa da fare è proteggere la sua famiglia. L’ipocrisia del sistema emerge nitido per quel desiderio (chiaro e palese) di voler punire i colpevoli ‘ideali’ per non ‘infangare’ il destino di una ‘meritevole’ famiglia americana media.

Il cast è ulteriormente arricchito da presenze significative come J.K. Simmons, che è un ex-poliziotto in pensione che ben presto viene sottratto alla scena, allontanato dal processo perché ha trasgredito le regole dell’imparzialità nel suo ruolo di giurato, Zoey Deutch (la moglie ‘bendata’ e incinta di Justin), Kiefer Sutherland (il predicatore Larry Lasker), la giovane donna che vuole vendicare una vittima del sessismo, l’educatore che ha perso un fratello in una guerra tra gang e riconosce nel tatuaggio dell’imputato l’appartenenza a una delle bande. Eastwood è oltremodo abile nell’individuare la complessità psicologica di ciascuno dei suoi personaggi, anche di quelli minori.

In conclusione, per aggiungere qualche elemento alla questione relativa alla distribuzione di “Giurato Numero 2” nelle sale cinematografiche americane, voluta da Warner Bros, si è voluto esprimere, e dichiarare il proprio apprezzamento, anche il regista Guillermo Del Toro, che è andato al cinema per vedere il nuovo film del maestro: “Sono andato al cinema per vedere l’ultimo film di Clint Eastwood. Mi è piaciuto moltissimo. È, in un certo senso, il suo “Crimini e Misfatti” (di Woody Allen del 1989, N.d.R). Il film è girato in modo preciso e sicuro e Nicolas Hoult ruba la scena.

Il cast è impeccabile e il finale ha fatto impazzire la sala. Il suo dilemma centrale mi ha ricordato il silenzioso tumulto che ribolliva sotto Dana Andrews in un qualsiasi noir di Preminger, sceglietene uno (per me “Sui marciapiedi”) ed è supportato da una struttura ben ritmata e colpi di scena ben ponderati. Perché non è stato distribuito ampiamente negli Stati Uniti? Noi lo abbiamo visto al Grove con un pubblico molto nutrito che ha partecipato con trasporto alla proiezione, per tutto il tempo. Spero davvero che la Warner Bros possa mantenerlo nelle sale più a lungo. Eastwood è un maestro del cinema e il suo mestiere costante e senza fronzoli ci dice che è ancora in gran forma. Andate a vederlo sul grande schermo!”.

Recensione a cura Luigi Lozzi

GIURATO NUMERO 2

Drammatico
Juror #2
Usa, 2024, 114’
Regia: Clint Eastwood
Cast: Nicholas Hoult, Zoey Deutch, Toni Collette, J.K. Simmons, Kiefer Sutherland, Leslie Bibb, Gabriel Basso, Chris Messina, Amy Aquino, Cedric Yarbrough, Drew Scheid, Adrienne C. Moore, KateLynn E. Newberry, Jason Coviello, Hedy Nasser, Ella Fraley, Chikako Fukuyama, Art Newkirk, Marc Demeter, Zele Avradopoulos, Rachel Walters, Shanita Wilburn, Kevin Saunders, Bria Brimmer, Mike McRobert, James Dormuth, Onix Serrano, Phil Biedron.
Distributore: Warner Bros. Italia
Data di uscita in Italia: 14 novembre 2024

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