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Dai depositi del Museo Nazionale Romano in mostra reperti di Villa Grandi rinvenuti tra il 1937 e il 1945

Villa Grandi

Da Villa Grandi a Porta Latina al Museo Nazionale Romano. L’Aula Ottagona delle Terme di DioclezianoMuseo dell’Arte Salvata, parte del grande complesso appartenente all’Istituto Museo Nazionale Romano e riaperta al pubblico lo scorso 26 giugno con un nuovo percorso espositivo composto da oltre 100 reperti provenienti da operazioni effettuate dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, si arricchisce da oggi di nuove opere d’arte: si tratta questa volta non di reperti archeologici illecitamente sottratti, ma di opere (ri)scoperte dai ricchissimi depositi del Museo Nazionale Romano e presentate al pubblico finalmente insieme, quasi a ricostruire il loro contesto originario.

L’allestimento, da subito pensato per rimodulare continuamente lo spazio espositivo all’interno della grande Aula, al fine di ospitare ed esporre opere e reperti sempre diversi, accoglie da oggi e fino all’11 gennaio 2026 un nucleo di 11 nuove sculture, rinvenute a Roma, tra il 1937 e il 1945, presso villa Grandi a Porta Latina e da sempre conservate nei depositi del Museo.

L’esposizione di queste sculture rappresenta un’importante occasione per valorizzare il patrimonio meno conosciuto del Museo Nazionale Romano. Grazie all’allestimento presente all’interno del Museo dell’Arte Salvata, opere “invisibili”, perché a lungo custodite nei depositi, tornano oggi visibili, restituendo al pubblico la possibilità di scoprire capolavori inediti, normalmente non accessibili. È un invito a riscoprire la ricchezza dei depositi museali e a comprendere il lavoro di tutela e conservazione che ne garantisce la salvaguardia, dichiara Federica Rinaldi, Direttrice del Museo Nazionale Romano.

LE OPERE DI VILLA GRANDI

Le sculture furono rinvenute in località villa Grandi a Porta Latina in due successivi momenti: nel 1937, nel corso di lavori agricoli, emerse un primo gruppo di statue e di frammenti di decorazione scultorea; nel 1945 la Soprintendenza alle Antichità di Roma intraprese scavi sistematici per approfondire il contesto scoperto anni prima. Si rinvennero così due ambienti comunicanti, entrambi con decorazioni in stucco e affresco, coperti da soffitti a volte e con pavimenti a mosaico; negli scavi del 1945, oltre a un ulteriore nucleo di statue, fu scoperta un’epigrafe, oggi esposta nella sezione del Museo della Comunicazione Scritta dei Romani presso le Terme di Diocleziano. Proprio quest’ultimo reperto permise di attribuire il complesso alla facoltosa famiglia di origine africana degli Aradii, che, a partire dal III secolo d.C., ricoprì a Roma importanti ruoli politici.

Entrambi gli ambienti possono essere identificati come luoghi di culto; il primo era specificamente dedicato a Iside, come testimoniano non solo la presenza della scultura raffigurante la dea egizia, ma anche le statuette di Dioniso e Demetra, divinità frequentemente associate al culto isiaco per il loro ruolo connesso al ciclo delle stagioni. Alla sfera esoterica rimandano anche le altre sculture, un fanciullo che si incorona e un bambino trionfante su un coccodrillo.

L’identificazione del secondo ambiente come larario è, invece, resa possibile dal testo epigrafico: l’iscrizione, visibile nella sezione del Museo della Comunicazione Scritta dei Romani, è infatti dedicata a Mercurio definito compagno e custode dei Lari Penati, le divinità protettrici delle famiglie. Da questo luogo provengono le statuette di Tyche Fortuna, il putto con clamide e il piccolo cane da caccia, acefalo.

Le sculture subirono in seguito una violenta distruzione; la stessa domus, come molte altre dimore nobiliari, conobbe l’abbandono e la distruzione nel corso del V secolo d.C., a seguito del sacco di Roma del 410 d.C..

 

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