A 55 anni Cristiano Bergodi è uno stimato allenatore. Sette anni in squadra nella Lazio di Dino Zoff.
Una vita nel pallone e per il pallone. Ha coronato il proprio sogno di bambino Cristiano Bergodi, classe 1964, che nel ruolo di calciatore prima e di allenatore poi ha portato lustro a Bracciano. Oggi è in piena carriera di allenatore e ha chiuso la stagione con un successo sui campi rumeni dove il Voluntari, la squadra che ha allenato nell’ultima stagione si è assicurata, grazie anche al suo impegno, la permanenza nel massimo campionato rumeno.
A Bracciano, Cristiano è un po’ una star, lo incontriamo, assieme a Mena Maisano e Claudio Calcaterra, al Sabazio, il bar del fratello Fabrizio in via XX settembre, uno dei bar storici di Bracciano. Quando non è fuori è qui che tutte le mattine Cristiano viene per la prima colazione, attorniato dall’affetto dei braccianesi.
Un calciatore dai piedi per terra che ha saputo, dopo la conclusione a 34 anni della carriera di calciatore, rimettersi in gioco letteralmente passando a bordo campo a guidare le squadre. Forte di una necessaria formazione da allenatore e dirigente nell’ “università” di Coverciano.
Il primo calcio al pallone lo diede a 10 anni nelle fila del Bracciano Calcio. A notare il talento di questo ragazzino fu subito Dioniso Arce, il calciatore venuto dal Paraguay.
“Arce – racconta Cristiano – mi vide giocare sul campo di Bracciano e volle farmi fare un provino per l’Urbe Tevere. Mi presero e passai ad allenarmi per il Nucleo Addestrativo Giovani Calciatore dell’Urbe Tevere. Era un’attività molto impegnativa. Ci si allenava nella struttura di via della Pisana due volte a settimana. Agli allenamenti spesso mi accompagnava mio padre…ma anche lo stesso Arce”.
Furono negli anni della gavetta, del sudore, delle partite di campionati minori tra cui quelle per i colori del Casalotti. Un nuovo provino gli aprì la strada per una nuova esperienza. Passò infatti a giocare da professionista per il Pescara, prima nel settore giovanile. A vent’anni suonati si apre per lui l’accesso alla prima squadra del Pescara che allora giocava nel campionato di Serie B. Per Bergodi è l’occasione per mettersi in mostra. Il Pescara ottiene buoni risultati fino alla conquista il 21 giugno 1987 della serie A dopo la vittoria contro il Parma per 1 a 0 in un gremito stadio Adriatico. Tra i calciatori che possono festeggiare la conquista del primo campionato c’è anche Cristiano Bergodi. Nei due anni successivi, con il ruolo di difensore centrale, Bergodi gioca ancora in Serie A con il Pescara.
“Pescara – dice – è una città molto bella in cui si vive bene. Ho bei ricordi di quel periodo”. La lunga parentesi abruzzese si conclude per Bergodi con il passaggio alla Lazio. Il club biancoceleste acquista il cartellino del giovane calciatore di origine braccianese e per Cristiano prende il via una nuova fase della vita. Per lui arriva la ribalta dello Stadio Olimpico. Sette anni per i colori biancocelesti nel ruolo di difensore, “anche se – spiega Cristiano – il mio esordio è stato da attaccante”.
Tra i suoi compagni sul campo e negli spogliatoi ci sono Nando Orsi, Valerio Fiori. Ci si allena nella struttura di Tor di Quinto. Giocando per la Lazio, Bergodi si ricongiunge idealmente in qualche modo con Bracciano dove a tifare per la squadra biancoceleste è pressoché l’intera popolazione. Lui stesso che ha sempre tifato per la Lazio si prende la soddisfazione di giocare per la propria squadra del cuore. I derby con la Roma sono ovviamente i più sentiti. “Ricordo una sera dopo il derby un acceso scambio di vedute con l’allenatore Franco Mazzone che stimo molto. Stavo dando una intervista, lui passò con l’auto e, avendo ascoltato quanto stavo dicendo al giornalista, tirò giù il finestrino per controbattere a quanto dicevo”.
Con i colori della Lazio, allenata allora dal grande Dino Zoff, Bergodi si avvicina a qualche traguardo ma senza mai raggiungerlo. “Arrivammo – dice – alla semifinale di Coppa Italia e ai quarti di finale di Coppa Uefa”. “I derby – commenta – erano le partite più belle della stagione”. Ricorda con grande emozioni il giorno in cui un grande striscione che correva per tutta la curva nord dello stadio olimpico lo celebrava: “Nessun prezzo può valere la tua fede…Bergodi laziale a vita!”. “E’ stato davvero – dice Cristiano – un bel momento”.
Nel 1996 Bergodi passa a giocare per il Padova e quindi vola in trasferta a Malta dove conclude, a 34 anni, la sua carriera di calciatore in campo con la maglia dello Sliema Wanderers, squadra con la quale conquista la Coppa di Malta.
Ed è in questa fase della vita che Bergodi ripensa se stesso e si forma per divenire un allenatore, ruolo che negli ultimi tempi gli sta dando grandi soddisfazioni. “Ho frequentato – racconta – tutto l’iter formativo per allenatore e dirigente fino al master”.
L’esordio da allenatore per lui arriva nel 2002 con l’Imolese, poi negli anni passa al Sassuolo, al Lecce da viceallenatore. Ma la vera svolta arriva dall’estero. E’ in Romania che Cristiano Bergodi si afferma. Sono molte le squadre che allena, il Cluj, il Rapid, il prestigioso Steaua Bucarest. Poi il ritorno in Italia come allenatore del Modena (2010 e 2016), del Pescara (2012) dove tutto per lui ebbe inizio, del Brescia (2015). L’ultima stagione appena conclusa gli ha dato qualche soddisfazione il club romeno del Voluntari ha potuto festeggiare la salvezza.
“Proprio in questi giorni – spiega Cristiano – ho fermato per la prossima stagione”. Quando può Cristiano rientra a Bracciano dove vivono i suoi fratelli Fabrizio e Davide, i suoi figli Federico, Martina ed Andrea. Ques’ultimo, dodicenne, milita per la Virtus Bracciano, la squadra che è stata sciolta di recente per le difficoltà dovute all’assenza di una struttura.
“Sapevo che sarebbe stato un sacrificio, mentre i miei amici andavano a divertirsi io ero in ritiro” dice Cristiano della sua carriera. “Mi ero messo in testa che volevo fare il calciatore e ci sono riuscito. Devo ringraziare i miei genitori che mi hanno sempre appoggiato in questo percorso, anche loro con grande sacrificio ed impegno. Il calcio ti forgia il carattere, ti insegna il rispetto e la disciplina. La carriera è molto breve e bisogna essere capaci di reinventarsi. Con i braccianesi ho un buon rapporto. Tutti mi vogliono bene”.
Alle pareti del bar molte fotografie raccontano, in una lunga carrellata, momenti belli del calciatore Bergodi. A 55 anni, tra vittorie e sconfitte, esoneri e riconferme, la sua vita è ancora nel pallone, ma i piedi sono per terra.
Nessuna arroganza, piuttosto un carattere gentile, attento alla famiglia, ai figli, ai valori veri dello sport e alla sua Bracciano.
Graziarosa Villani con la collaborazione di Mena Maisano
Articolo già pubblicato sul mensile Gente di Bracciano