Apprendiamo, sebbene non con grande stupore, dell’inchiesta che ha coinvolto i vertici dell’Università Agraria di Civitavecchia e condotto all’arresto, da parte della Guardia di Finanza, del suo Presidente, per reati quali peculato, falso ed abuso d’ufficio.
È indubbio che nella legislazione italiana vige la presunzione di innocenza secondo la quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”, ma è altrettanto indubbio che è questa l’occasione per verificare i fatti e le circostanze contenuti negli ormai innumerevoli esposti presentati da rappresentanti istituzionali, soci, associazioni e semplici cittadini rispetto a una gestione proprietaria e quantomeno discutibile dell’ente.
L’approvazione di un nuovo statuto non rispondente al disposto delle norme sovraordinate, che mortifica ogni forma di collegialità e la funzione pubblicistica dell’ente che, pur avendo acquisito personalità giuridica di diritto privato, si ricorda essere gestore del demanio collettivo. La gestione dell’ente che va ben oltre i limiti stringenti della gestione ordinaria, nonostante le nomine siano decadute dal 20 aprile 2020 e il Consiglio di Amministrazione, con l’inaccettabile scusa dell’emergenza sanitaria (si è votato persino nella Capitale!), sia in regime di autoprorogatio.
Bilanci presumibilmente inquinati dall’inserimento di crediti inesigibili, Il controverso svincolo dei BTP, le modalità di riutilizzo delle somme e delle plusvalenze derivanti da tale svincolo e la crescita esponenziale dei costi di gestione e delle spese per “compensi a professionisti” passata da 181.000,00 del 2019 a 454.000 euro nel bilancio di previsione 2021, spropositate per un Ente di piccole dimensioni.
La gestione arbitraria dell’attestazione dell’esistenza di gravami di uso civico e, in alcuni casi, il ricorso all’istituto della conciliazione senza seguire il corretto iter prescritto dalla norma.
Lo scempio attuato sulle aree collinari alle spalle di Civitavecchia nelle aree ricomprese tra la Valle dell’Infernaccio, il Mandrione e la Valle del Fosso del Marangone, già ampiamente contestato, oltre che da associazioni e cittadini, anche dalle autorità preposte alla tutela ambientale e paesaggistica.
Tutte questioni estremamente controverse, che hanno causato enormi danni e disagi alla comunità, che si ricorda essere la vera titolare del demanio collettivo e che, oltre ad essere meritevoli di approfondimento per verificare la sussistenza di eventuali profili di rilevanza penale o di malagestio, rendono ormai improcrastinabile che gli enti sovraordinati dal punto di vista amministrativo e giurisdizionale intervengano e procedano con il commissariamento dell’ente, estromettendo coloro che lo hanno portato a tali disastrose condizioni e, dopo aver avviato un periodo di riapertura delle iscrizioni, bloccate per evitare indesiderate intromissioni da oltre due anni, avvii il percorso per il rinnovo degli organi statutari, indicendo nuove elezioni.
La Segretaria Nazionale
Simona Ricotti