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“Case senza luce, Matera”: lo spettacolo di Ulderico Pesce in scena stasera. Nella città dei Sassi tra occupazione delle terre e futuro

In scena stasera a Matera un nuovo interessante spettacolo dell’autore-attore Ulderico Pesce che questa volta gioca in casa con un lavoro che allo stesso tempo è narrazione e ricerca storica. Si tratta di “Case senza luce, Matera”. Sipario questa sera alle 20.30 all’ex Ospedale San Rocco di Matera. Si raccontano le varie fasi storiche della città di Matera e di alcuni paesi dell’area che si sono distinti per essere stati leader della lotta di “occupazione delle terre” quali San Mauro Forte, Montescaglioso, Tricarico, Ferrandina e Irsina.

L’evento sarà realizzato nel luogo che, prima fu monastero, poi divenne il carcere dove furono rinchiusi molti occupatori di terra tra i quali Rocco Scotellaro, Anna Avena, Antonia Miccio, che partorì in carcere, ed altri “lottatori” che faranno del Materano, a partire dal 1940, l’area più “rivoluzionaria” d’italia, prima contro il fascismo e il nazismo, poi contro i latifondisti.

Le porte delle celle sono rimaste integre. Quelle di un tempo. Davanti a quelle porte prenderanno vita Luisa Levi, che nel 1935, per prima, parlò dei Sassi di Matera attraverso l’opera del fratello Carlo, il “Cristo si è fermato a Eboli”. Prenderanno vita altri personaggi quali Togliatti, che nel 1948 fece un comizio storico a Matera; Albino Sacco che con Olivetti, Levi, Mazzarone, Scotellaro ed altri, costruì il primo progetto per ridare dignità agli abitanti dei Sassi. Due personaggi femminili importanti saranno inoltre Anna Aveva, l’occupatrice di Montescaglioso che, su una terra, vide l’assassinio di Giuseppe Novello ad opera della polizia, venne arrestata e portata nel carcere di Matera; Antonia Miccio, che nel 1940, con altri 130 sanmauresi, si oppose al fascismo assalendo il Comune. Episodio che determinò una sparatoria a seguito della quale  persero la vita due manifestanti. Lei venne ferita, incarcerata, costretta a partorire nel carcere di Matera.

Ma sono tanti altri i personaggi che caratterizzano lo spettacolo, anche persone della contemporaneità. Tra loro, due signore materane, una, la cui vita ha avuto una svolta lavorativa dopo l’apertura di un B&B nei Sassi, e un’altra che non vede l’ora che muoia la suocera per entrare in possesso del Sasso dove aprire un B&B che permetterebbe ai figli emigrati a Cernusco sul Naviglio di ritornare a Matera. Vengono narrati inoltre momenti importanti della vita della città quali l’arrivo dei monaci basiliani, e ancora la nascita dei monasteri, della trasformazione di un monastero in carcere, la chiusura dei Sassi, la costruzione dei primi borghi rurali e fino alla Matera attuale. Lo spettacolo è frutto di un laboratorio teatrale di 430 ore che l’equipe del Centro Mediterraneo delle Arti, diretto da Ulderico Pesce, ha tenuto a Matera. Un laboratorio in cui si è sperimentato il metodo teatrale “organico” concepito da Stanislavskji; in cui sono stati rintracciati e studiati d ocumenti storici utilizzati poi a fini spettacolari. “Sapere che nella mia terra, la Basilicata, – commenta Ulderico Pesce – c’è una città che vive da 8.000 anni, Matera, mi ha fatto nascere l’esigenza di provare a capirla e sentirla più vicina. Oggi, dopo averla vissuta e studiata per un po’, sento il dovere di provare a raccontarla. E’ la narrazione di storie particolari che sono diventate storie universali. Raccontare Matera significa raccontare l’evoluzione dell’uomo e del mondo”.

“Vuoti che accolgono il viandante in cerca di un rifugio sicuro dove tramandare una spiritualità universale e senza tempo; vuoti come buchi neri, che “svelano” all’anima, il senso del connubio, inscindibile, tra uomo e natura” sottolinea la dottoressa Patrizia Minardi, dirigente della regione Basilicata “E poi… pieni, solidi promontori che svettano e, ancora, grotte, grotte senza luce, case senza luce, profonde, scavate nel ventre della terra, lì, dove, si conserva l’acqua, lì, dove è il cuore pulsante della vita. E poi, ancora, tramonti rosso fuoco e l’alba chiara, rinnovata sulla Murgia brulla, deserta, sulla terra spaccata dal sole, arida e ferita, ferita e sanguinante, in attesa di quella preghiera corale per l’acqua che scende a consolare la terra. I vuoti e i pieni, i baratri e gli strapiombi rocciosi, le grotte, i Sassi in cerca di luce, della luce dell’anima che si svela, piano piano, con pudore, all’uomo che li abita. Luoghi senza luce che hanno vestito la spiritualità dell’uomo in cammino nella speranza di una rinascita eterna”.

Graziarosa Villani

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