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Bracciano: denunce solo per una trentina di capi. Per l’Arma un fenomeno complesso e diversificato

Furti ma non solo. Complesso il fenomeno che in questo periodo sta interessando Bracciano e i suoi dintorni in termini di sparizioni di vacche, cavalli e, in alcuni casi, anche pecore. Se da un lato i furti denunciati parlano al massimo di una trentina di capi rubati dall’inizio dell’anno, la vicenda mette a nudo, a quanto si può apprendere, un fenomeno di irregolarità diffusa sulla corretta tenuta degli animali, un fenomeno che resta comunque da tenere sotto osservazione per gli sviluppi che può avere in danno ai consumatori e alla pubblica salute.

Se si parte dal dato che i cavalli, secondo la recente normativa, andrebbero tutti dotati di microchip, in caso di furti ad allevatori che non abbiano dotato i propri cavalli dell’apparecchio difficilmente arriveranno le denunce.

Non è improbabile ancora che quanti abbiano cavalli non microchippati li affidino a macellatori clandestini per non dover pagare le spese di “smaltimento” in caso di decesso dell’animale. Analoghe procedure possono riguardare ovini e bovini.

Sui controlli poi, intensificati in queste settimane dalla Compagnia di Bracciano, è evidente che l’interesse e l’attenzione, visto il tipo di reato, dovrebbe essere massima da parte della Guardia Forestale e delle Guardie Zoofile. Non manca poi chi è in regola sotto i punti di vista e che pertanto in caso di furto non ha problemi ad effettuare la denuncia. Altro discorso riguarderebbe poi i cavalli destinati al settore corse dove entrano in gioco altri fattori, tutti al limite della legalità.

A luglio scorso la Coldiretti ha tracciato un quadro inquietante del fenomeno a livello nazionale in occasione della presentazione del “Rapporto Zoomafia 2018, crimini e animali” che evidenzia la presenza di una vera e propria “cupola del bestiame” con la penetrazione della criminalità organizzata – ma non è questo il caso del territorio di Bracciano – nel mondo degli allevamenti, della macellazione e della distribuzione delle carni.

“La scomparsa nel nulla di circa 150.000 animali durante l’anno – spiega Coldiretti – evidenzia un preoccupante ritorno dell’abigeato, ovvero la sottrazione di bestiame alle aziende agricole, un reato che era molto diffuso nel passato ed è presente nel diritto penale italiano come aggravante del furto. Non si tratta soltanto di “ladri di polli” – commenta Coldiretti –  quanto di veri criminali che organizzano raid organizzati capaci di mettere in ginocchio un’azienda. Ad essere colpiti sono mucche, cavalli, maiali, ma anche pecore e agnelli con gli animali rubati che – precisa la Coldiretti – alimentano il fenomeno della macellazione clandestina particolarmente pericoloso anche per la salute dei cittadini perché privo delle necessarie garanzie sanitarie che devono necessariamente accompagnare il bestiame. La criminalità organizzata che opera nelle campagne – sottolinea l’associazione di categoria – conta sulle condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili.

Si tratta dunque di lavorare – secondo Coldiretti – per il superamento della situazione di solitudine invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma anche incentivando il ruolo delle associazioni di categoria attraverso il confronto e la concertazione con le istituzioni locali, perché la mancanza di dialogo – sottolinea Coldiretti – costituisce un indubbio fattore critico nell’azione di repressione della criminalità”.

L’invito è quindi quello alla legalità. Attenersi alle regole per quanto riguarda la tenuta degli animali, presentare formale denuncia in caso di furti. Per quanto attiene ai consumatori è importante servirsi di macellerie di fiducia a filiera corta. Anche in questo ambito i controlli da parte delle autorità competenti si stanno intensificando.

Graziarosa Villani

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