Bella Ciao è una canzone dei partigiani cantata già durante la guerra, identitaria di un certo stare a sinistra, ogni altra interpretazione del celebre brano si rivela un’operazione politica volta a sminuire il significato del 25 aprile.
Il celebre brano, ora al centro delle polemiche per la scelta di Laura Pausini di non cantarlo, in realtà questo anno è stata al centro di un vero e proprio braccio di ferro tra un colosso cinematografico come Palomar e la Millstream Films & Media.
Due film per una stessa canzone: “Bella Ciao, Song of Rebellion” di Millstream Films & Media ed Ala Bianca Group srl e patrocinato dall’ANPI nazionale per la regia di Andrea Vogt e “Bella Ciao – Per la Libertà” prodotto da Palomar e Rai e uscito ad aprile 2022, sei mesi dopo dal primo.
Ad avviare per primi le riprese cinematografiche e ad averne i diritti la Millstream Films & Media Ala Bianca Group srl che Palomar avrebbe voluto liquidare con una somma di soli 20mila euro e costringerla praticamente al silenzio. Ma così non è stato.
Se il film targato Palomar e diretto da Giulia Giapponesi, attraverso l’intervento di alcuni personaggi, cerca di accreditare la tesi che la canzone sia successiva alla guerra, in quello diretto da Vogt si portano testimonianze che attestano che il canto era stato ascoltato già durante la guerra. Al riguardo il partigiano Paolo Orlandini racconta che ascoltò il brano a Filottrano durante il conflitto. “Giravo l’angolo e ascoltai questa canzone che non avevo mai sentito prima cantata da un gruppo di partigiani che si allontanava su delle auto”.
Come un “venticello” il ritmo di Bella Ciao si è diffuso – non si sa da quando – in un’area vasta che comprendeva Abruzzo, Marche e in Piemonte, regione, quest’ultima, dove giunse probabilmente veicolato dalle lavoranti stagionali che dagli Abruzzi si trasferivano a Nord come mondine nelle risaie.
Non esiste o almeno non sembra esistere un autore della canzone ma piuttosto un’evoluzione del brano che, di paese in paese, di bocca e in bocca, è mutata nel testo fino ad arrivare alla versione partigiana, già ascoltata a Filottrano (in provincia di Ancona), e registrata alla Siae da Fausto Amodei (Dischi del Sole).
Al riguardo utile anche la testimonianza del presidente della Brigata Maiella secondo il quale Bella Ciao venne portato in Abruzzo dalle mondine di ritorno.
Il tentativo di annacquarne i connotati politici, di farne una mera canzone di piazza come ha cercato di fare Palomar spalleggiata dalla Rai pare rispondere a precise mire politiche. Non ha dubbi il produttore Paul Russell di “Bella Ciao, Song of Rebellion”: “è un attacco alla sinistra, un tentativo di sminuire il significato aggregatore del 25 Aprile”.
Quello che è evidente è che si è voluto svilire l’identità partigiana di una canzone che ha conquistato platee in tutto il mondo. Palomar ha voluto raccontare una storia che non corrisponderebbe al vero. Nel braccio di ferro tra le due case cinematografiche il dato oggettivo è che a detenere i diritti di riproduzione del brano Bella Ciao come depositato alla Siae sono Millstream Films & Media e Ala Bianca Group srl.
Quello che è anche certo è che quanti si rifanno alla destra non cantano in alcun caso Bella Ciao e piuttosto preferiscono intonare altri canti, oggi vietati per legge, che si rifanno al Ventennio. Bella Ciao, assieme a Bandiera Rossa, Fischia il Vento ed altre, è una canzone di sinistra.
“Il nostro film Bella Ciao, Song of ribellion – spiega ancora Paul Russell – è stato trasmesso per la prima volta da History Channel il 25 ottobre scorso ed è l’antitesi del docufilm di Palomar/RAI ed ha dovuto scontrarsi con non pochi problemi a causa della prepotenza Palomar. Siamo riusciti a raccogliere testimonianze dei protagonisti diretti sia della guerra (sì, i partigiani hanno cantato Bella Ciao sul campo di battaglia) sia, con Giovanna Marini, dello spettacolo di Spoleto del 1964, sia di Alex Pina di Vancouver Media che ha ideato Casa de Papél. L’avvocato con il pallino della storia” (non uno storico) – dice ancora Russel – che tenta di dimostrare che i partigiani non hanno cantato Bella Ciao durante la guerra (ci sono almeno sei fra documenti e testimonianze nel nostro film) per sminuire uno dei principali collanti di chi porta avanti i valori della Resistenza, il che, a me sembra, pericoloso relativismo storico”.
Graziarosa Villani
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