Paolo Lorizzo il Quaderno 22 “Studi e ricerche nel centro storico di Anguillara Sabazia” da lei scritto per i cinquant’anni dell’Associazione Forum Clodii è in qualche modo dirompente rispetto alle analisi finora fatte sulla nascita del borgo di Anguillara. Lei sostiene che il nucleo originario costituisce un’area sepolcrale con tempio annesso. Può spiegare meglio questa sua tesi?

“Non ho fatto nulla di speciale. Mi sono limitato ad analizzare le poche preesistenze archeologiche del centro storico di Anguillara in base ai resoconti di archeologi e viaggiatori dell’800 e alle indagini che ho effettuato nel corso degli anni presso l’area archeologica di Piazza Magnante, i Giardini del Torrione e i sotterranei del Palazzo Baronale. Lo studio ha evidenziato ancora una volta la quasi totale assenza di testimonianze di epoca romana su un promontorio che a detta di alcuni doveva essere addirittura utilizzato fin dalla Tarda Età Repubblicana come un vicus, quando invece ha restituito finora soltanto un lacerto murario della prima Età Imperiale. Decisamente poco per pensare che il luogo fosse stato utilizzato per impiantarvi un vero e proprio insediamento abitativo. Le prove finora emerse ci dicono tutt’altro e cioè una propensione a un utilizzo funerario e cultuale dell’area. Dobbiamo attendere l’Epoca Tardo-Antica per evidenziare una frequentazione di tipo abitativo, quando il promontorio venne scelto per la sua conformazione e la facile difendibilità”.

In questa sua indagine centrale è la chiesa del (Santissimo) Salvatore oggi pressoché scomparsa. Qual era il ruolo di questa chiesa?

“È stato l’edificio paleocristiano costruito in concomitanza con la nascita del primo nucleo urbano in Età Tardo-Antica/Alto-Medioevale, situato al di sopra di alcune strutture ipogee che si affacciavano lungo l’antico asse stradale. Presso il lato opposto della strada sorgeva la struttura che potrebbe essere pertinente a un tempio pagano i cui pochi resti sono visibili presso il vicolo della Grondarella e all’interno di alcune abitazioni private. Questa chiesetta rappresentava il punto centrale della prima comunità di Anguillara”.

Anche per i lavori dei Giardini del Torrione la sua analisi è molto critica. Cosa è che la disturba di più rispetto a quanto è avvenuto?

“Quando effettuai i sondaggi esplorativi durante i lavori di riqualificazione dei giardini, notai un’intricata sovrapposizione muraria di età medievale frutto di restauri e rifacimenti, a testimonianza di una assidua frequentazione dell’area. Solo una piccola parte di queste strutture venne riportata alla luce e tra l’altro snaturandone completamente la funzione, visto che la cresta di alcune di esse venne rivestita da una lastra in peperino e i muri utilizzati come appoggio per panchine. Oltre a questo ci fu una totale mancanza di interesse nel voler approfondire la conoscenza di questo contesto facente parte del primitivo nucleo di difesa del castrum e forse pertinente all’antico cassero edificato dalla famiglia degli Anguillara”.

Per quanto riguarda i silos di Piazza Magnante l’area venne sacrificata per un parcheggio di dieci auto. Si poteva fare di più?

“Si può sempre fare di più ma spesso è necessario raggiungere dei compromessi quando si parla di beni archeologici in un centro abitato. Penso sia giusto aver privilegiato i residenti dando loro la possibilità di raggiungere comodamente le proprie abitazioni. L’errore semmai venne fatto durante i lavori di rifacimento della piazza”.

Si spieghi meglio.

“È presto detto. Prima che l’area archeologica venisse irrimediabilmente sepolta sotto uno spesso strato di calcestruzzo, reticolato metallico e rivestimento pavimentale sarebbe stato necessario effettuare lo scavo di tutti i silos individuati o quantomeno di tutti quelli che non avrebbero compromesso la stabilità degli edifici. È mancata una seria programmazione che avrebbe permesso di approfondire la conoscenza della stratigrafia e del contenuto di molti altri silos e acquisire molti più dati rispetto a quelli che abbiamo ottenuto con lo scavo di appena nove contenitori”.

Ho notato che non fa nomi e cognomi. Perché?

I nomi e i cognomi non contano. Quello che conta è l’acquisizione dei fatti attraverso i quali elaborare congetture credibili. L’archeologia non è una scienza esatta e gli archeologi hanno il dovere di attenersi alle prove senza millantare teorie che non hanno fondamento. Ho sempre creduto che ognuno di noi, nel nostro piccolo, abbia il dovere di fornire dati puramente oggettivi, anche per chi in futuro avrà la possibilità di approfondire le ricerche. 

Cos’è secondo lei più urgente oggi per una riscoperta archeologica nel territorio di Anguillara?

Guardi di emergenze il nostro territorio ne è pieno e non mi riferisco solo ad Anguillara. Ci sono realtà incredibili che sono praticamente sconosciute e al di fuori dai circuiti turistici anche locali. A mio modesto parere Anguillara possiede un grande potenziale completamente inespresso. Se non possiamo riportare alla luce nuove strutture perché non siamo in grado di tutelarle e valorizzarle, abbiamo il dovere di preservare e rendere fruibile quantomeno l’esistente.

Mi dica due monumenti su cui si potrebbe e si dovrebbe intervenire al più presto per la loro tutela e fruizione.

Il monumento che sta correndo maggiori pericoli è senz’altro la Mola Vecchia. È un monumento straordinario, l’unico monumento medievale segnalato in una delle carte geografiche dell’omonima sala dei Musei Vaticani e ancora relativamente ben conservato con tutto il suo alzato. Sfortunatamente l’incuria e la fitta vegetazione che lo ha ricoperto lo ha reso molto fragile. Se non si interverrà al più presto non credo che rimarrà in piedi ancora per molto. Discorso a parte merita il tratto della via consolare Clodia lungo via di S. Stefano e fino a pochi anni fa parzialmente visibile. Nonostante sia completamente sommerso dalla vegetazione, sappiamo che è praticamente intatto, grazie al mirabile lavoro di censimento fotografico effettuato da Thomas Ashby all’inizio del secolo scorso. Oggi sarebbe sufficiente pulirlo e manutenerlo per renderlo godibile a tutti.

 

Di Graziarosa Villani

Giornalista professionista, Laureata in Scienze Politiche (Indirizzo Politico-Internazionale) con una tesi in Diritto internazionale dal titolo "Successione tra Stati nei Trattati" (relatore Luigi Ferrari Bravo) con particolare riferimento alla riunificazione delle due Germanie. Ha scritto per oltre 20 anni per Il Messaggero. E' stata inoltre collaboratrice di Ansa, Il Tempo, Corriere di Civitavecchia, L'Espresso, D La Repubblica delle Donne, Liberazione, Avvenimenti. Ha diretto La Voce del Lago. Direttrice di Gente di Bracciano e dell'Ortica del Venerdì Settimanale, autrice di Laureato in Onestà (coautore Francesco Leonardis) e de La Notte delle Cinque Lune, Il processo al Conte Everso dell'Anguillara (coautore Biagio Minnucci), presidente dell'Associazione Culturale Sabate, del Comitato per la Difesa del Bacino Lacuale Bracciano-Martignano, vicepresidente del Comitato Pendolari Fl3 Lago di Bracciano.