Poletti

Nota di Paolo Poletti, consigliere comunale Civitavecchia su Porta d’Italia “intermodalità diventa un paradigma e non un progetto”.

Negli ultimi anni la trasformazione del Lazio sta ridisegnando il rapporto tra Roma e i territori circostanti. Nel nuovo scenario, il litorale nord-occidentale – da Fiumicino a Civitavecchia, includendo Cerveteri, Ladispoli, Santa Marinella e i centri collinari di Tolfa e Allumiere – non appare più come una periferia della Capitale, ma come un territorio con una propria coerenza economica, culturale e infrastrutturale. In questa fascia costiera convivono infrastrutture critiche nazionali, un patrimonio archeologico tra i più importanti d’Italia, un’agricoltura specializzata e un’economia locale che ruota attorno alla mobilità internazionale. Ed è proprio l’intermodalità, più che la geografia o la storia, a offrire la chiave unificante per leggere e valorizzare questo sistema.

Perché questo territorio è già un sistema intermodale. Il porto di Civitavecchia e l’aeroporto di Fiumicino – principali porte d’accesso del Paese – si trovano in un raggio di quarantacinque minuti. A essi si affiancano la ferrovia ad alta capacità, la rete autostradale e un retroporto naturale in espansione. Questa densità infrastrutturale è rara persino nel contesto europeo e genera ciò che gli studiosi chiamano “integrazione funzionale”: diversi nodi, ma un unico sistema operativo.

È l’intermodalità – non una singola infrastruttura – a rendere questo territorio qualcosa di più della somma delle sue parti.

È intermodalità quando una merce sbarcata da una nave può salire su un treno AV o su un aereo cargo senza lunghe attese.

È intermodalità quando un container refrigerato passa dal porto alla piattaforma aeroportuale mantenendo temperatura, certificazioni e documentazione digitalizzate.

È intermodalità quando le reti TEN-T trasformano un corridoio locale in un corridoio europeo.

E l’Italia, per posizione geografica e struttura produttiva, ha un enorme bisogno di intermodalità: per ridurre i costi logistici, alleggerire la congestione stradale, facilitare l’export, migliorare la competitività dei prodotti agroalimentari e garantire tempi certi in un’economia sempre più dipendente dai flussi internazionali.

Se c’è un luogo dove questo paradigma può esprimersi pienamente, è proprio il litorale nord-occidentale del Lazio.

Il Mediterraneo si muove: e questo territorio è sulla traiettoria. La posizione geografica colloca l’area nel cuore delle nuove rotte agroalimentari del Mediterraneo: da sud arriva il green corridor Egitto–Italia, che punta a flussi certificati, refrigerati e sostenibili; da ovest si rafforza la direttrice Marocco–Europa, con Tangeri Med in piena crescita; da est aumentano i transiti dal Mediterraneo orientale e dal Medio Oriente.

L’Italia può intercettare questi flussi solo se dispone di un nodo intermodale competitivo, capace di offrire tempi certi, digitalizzazione avanzata e continuità operativa. Qui il corridoio Civitavecchia–Fiumicino mostra un vantaggio potenziale: prossimità ai bacini agricoli extraeuropei; capacità di gestire cargo e Ro-Ro refrigerato; connessioni rapide con l’Europa centrale e balcanica; specializzazione agricola locale coerente con la logistica del fresco. Un territorio così configurato può diventare il punto di incontro tra produzione, trasporto e mercato.

Intermodalità e resilienza: due facce della stessa medaglia. L’intermodalità aumenta efficienza e competitività, ma porta con sé un rischio poco percepito: l’interdipendenza. In un sistema così connesso, un guasto, un blocco informatico o un incidente doganale in un solo punto può risalire la catena logistica come un effetto frusta (bullwhip). È il tipico comportamento dei sistemi complessi: l’effetto di un micro-shock può essere molto più ampio del suo punto di origine.

Ecco perché, accanto all’intermodalità, diventa fondamentale la resilienza.

L’Unione europea e l’Italia lo hanno chiarito attraverso tre pilastri normativi: NIS2: sicurezza e continuità digitale per porti, aeroporti e logistica; CER: resilienza fisica delle infrastrutture critiche; Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica: protezione integrata degli asset strategici.

Un vero polo intermodale deve quindi essere anche un polo cyber-e fisicamente resiliente.

Non è un tema tecnico: è una condizione per garantire la continuità dei flussi, la qualità dei prodotti freschi, la competitività delle imprese e la stabilità delle catene di approvvigionamento.

Perché si parla di una nuova provincia.

La discussione sulla nuova provincia Porta d’Italia non riguarda la creazione di un modello economico che non esiste: riguarda il riconoscimento formale di un sistema che già oggi funziona come tale.

Il territorio dispone già di: infrastrutture di livello nazionale; economie interconnesse; vocazioni complementari (logistica, turismo, agroalimentare, cultura); capacità di attrarre flussi internazionali; una posizione strategica sulla mappa del Mediterraneo.

La domanda non è se serva una nuova entità per “fare sviluppo”. La domanda è se un sistema così complesso possa operare senza un coordinamento adeguato, soprattutto nell’epoca della logistica digitale e della resilienza regolata per legge.

Conclusione. Il litorale nord-occidentale del Lazio è oggi uno dei pochi territori italiani dove intermodalità, infrastrutture critiche, patrimonio culturale e agricoltura specializzata non convivono semplicemente: si rafforzano a vicenda. È questo che gli dà coerenza e prospettiva. L’Italia, che vive ancora di una logistica troppo frammentata e costosa, ha bisogno di poli intermodali capaci di integrare mare, aria, ferrovia e strada. Qui le condizioni ci sono già. Manca solo un livello adeguato di coordinamento e di resilienza per trasformare un potenziale geografico in un sistema operativo riconosciuto. Se si parla di “Porta d’Italia”, è perché questo territorio ha già aperto quella porta. Bisogna solo decidere se lasciarla socchiusa o renderla una via d’accesso stabile al Mediterraneo contemporaneo.

Di Graziarosa Villani

Giornalista professionista, Laureata in Scienze Politiche (Indirizzo Politico-Internazionale) con una tesi in Diritto internazionale dal titolo "Successione tra Stati nei Trattati" (relatore Luigi Ferrari Bravo) con particolare riferimento alla riunificazione delle due Germanie. Ha scritto per oltre 20 anni per Il Messaggero. E' stata inoltre collaboratrice di Ansa, Il Tempo, Corriere di Civitavecchia, L'Espresso, D La Repubblica delle Donne, Liberazione, Avvenimenti. Ha diretto La Voce del Lago. Direttrice di Gente di Bracciano e Visto da qui Lazio, autrice di Laureato in Onestà (coautore Francesco Leonardis) e de La Notte delle Cinque Lune, Il processo al Conte Everso dell'Anguillara (coautore Biagio Minnucci), presidente dell'Associazione Culturale Sabate, del Comitato per la Difesa del Bacino Lacuale Bracciano-Martignano, vicepresidente del Comitato Pendolari Fl3 Lago di Bracciano. Il suo canale youtube è @graziarosavillani2210